La sanità vibonese è nel baratro. Non si tratta più di inefficienza, ma di un collasso strutturale, alimentato da decenni di gestione politica senza scrupoli, da una rete di clientele che ha anteposto interessi di parte alla salute pubblica. L’Asp di Vibo Valentia è simbolo di fallimento, di uno Stato assente e di una Regione (la Calabria) che guarda altrove, che pensa alle ricandidature, alle consulenze.
Il blocco della piattaforma informatica Dedalus da dieci giorni è l’ultima umiliazione. I laboratori di analisi sono tornati a lavorare con metodi di mezzo secolo fa. E persino i reparti degli ospedali sono stati invitati a frenare le richieste. Si lavora nel caos, nel silenzio colpevole delle istituzioni. Tutto con la benedizione dei privati.
Il blocco della piattaforma informatica Dedalus da dieci giorni è l’ultima umiliazione. I laboratori di analisi sono tornati a lavorare con metodi di mezzo secolo fa. E persino i reparti degli ospedali sono stati invitati a frenare le richieste. Si lavora nel caos, nel silenzio colpevole delle istituzioni. Tutto con la benedizione dei privati.
Il personale sanitario, quando può, scappa altrove. All’Asp di Vibo Valentia si lavora con contratti “stagionali” come se medici e infermieri non venissero assunti per curare le persone ma per raccogliere arance o pomodori. Nessuno è intenzionato a mettere piede a Vibo.
I premi di produttività sono fermi da cinque anni. Chi lavora viene umiliato da un sistema marcio che difende e tutela chi si assenta e le invalidità (le cosiddette 104 sono l’esempio più eclatante). In trincea, nelle corsie, per fortuna resistono ancora in tanti. Chissà per quanto tempo ancora.