Un’aula universitaria piena, partecipe, attenta. Un pubblico fatto di studenti, lavoratori, cittadini che hanno scelto di esserci, di ascoltare, di confrontarsi e, soprattutto, di rivendicare un diritto fondamentale: quello alla partecipazione democratica. È il clima che ha accolto Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, nell’aula magna C dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, per una delle tappe calabresi della campagna referendaria promossa dal sindacato.
Ad accompagnarlo, il segretario CGIL Calabria Gianfranco Trotta e il segretario della CGIL Area Vasta Catanzaro-Crotone-Vibo Enzo Scalese, che ha aperto i lavori sottolineando l’importanza di “costruire spazi di confronto vero, senza fretta, dove il sindacato può ascoltare e dialogare direttamente con le persone, nei luoghi del sapere e del lavoro”.
Nel suo intervento, Landini ha offerto un’analisi schietta e profonda del senso dei cinque quesiti referendari: «Permettono di cancellare leggi sbagliate che hanno precarizzato il lavoro e di estendere i diritti a chi oggi non li ha. Si tratta di rimettere al centro la dignità del lavoro, superare la logica di appalti e subappalti che riducono qualità, sicurezza e provocano troppe morti».
La Calabria, in particolare, resta emblematica per le sfide legate a lavoro povero, emigrazione giovanile e infiltrazioni criminali: «Tanti, giovani e laureati, lasciano la propria terra per mancanza di prospettive. Dove non ci sono regole e controlli, la malavita si infiltra. Superare gli appalti è anche una scelta contro la criminalità».
Il segretario ha denunciato con forza «150 anni di connivenze politiche con mafia, camorra e ’ndrangheta, che hanno alimentato evasione fiscale, condoni e concentrazione della ricchezza in poche mani». E sul diritto al voto, Landini ha lanciato un messaggio diretto: «Chi invita all’astensione ha paura del cambiamento. Votare al referendum non è scegliere un partito, è esercitare democrazia diretta. È come essere parlamentari per un giorno».
Il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, presente all’incontro, ha condiviso lo spirito dell’iniziativa: «L’8 e 9 giugno andrò a votare e voterò cinque Sì. Ma ciò che conta davvero è il valore della partecipazione. La democrazia non è solo maggioranza di voti: è rispetto delle regole, confronto di idee. L’astensione, invece, mina le basi del nostro sistema democratico».
A portare la voce dei lavoratori dell’Ateneo è stato Ivan Caroleo, rappresentante RSU dell’Università, che ha acceso i riflettori sulla condizione del personale precario: «Almeno il 60% dei lavoratori vive in uno stato di incertezza. Tra tecnologi a tempo determinato e interinali, sono persone che svolgono ruoli essenziali ma vivono in attesa di stabilità». Caroleo ha chiesto soluzioni strutturali e durature.
Anche gli studenti sono intervenuti con Giovanni Oliverio, rappresentante della comunità studentesca, che ha denunciato un sistema “che troppo spesso lascia soli i giovani”: difficoltà nel diritto allo studio, accesso a Medicina, stipendi insufficienti per dottorandi e specializzandi. E ha ribadito: «Votare è un atto di civiltà. Chi nasce e cresce in Italia deve essere riconosciuto come cittadino a pieno titolo».
Nelle battute finali, Landini ha ribadito la posta in gioco: «Il lavoro precario è oggi la forma dominante di occupazione. Il referendum è uno strumento per dire basta a contratti atipici, voucher e instabilità. Ma da solo non basta. Servono riforme sul salario minimo, la rappresentanza sindacale, un nuovo Statuto dei diritti dei lavoratori che includa anche partite IVA, freelance, collaboratori».
Il messaggio finale è un invito alla responsabilità e alla speranza: «Tanti ci dicono: “Votiamo per i nostri figli”. Questo ci dice che, nonostante tutto, una speranza c’è ancora. Ed è da lì che dobbiamo ripartire».