Come una ruspa. Anzi, con le ruspe. A togliere terreno, aria e diritti ad una cittadina che, nonostante denunce e ricorsi per via legali, si sta vedendo portare via non solo un’area adiacente al proprio giardino e da sempre gestita dalla sua famiglia, ma anche gli spazi e gli alberi antistanti casa devastati dai lavori per realizzare un asilo nido. A raccontare quanto le sta accadendo a Vibo Valentia è la signora Francesca Policaro, mentre lo “scippo” lamentato è in un’area di Viale della Pace. A dimostrazione della fondatezza delle sue affermazioni, la donna esibisce una serie di foto dei luoghi, un atto notarile e tutta la rabbia che le cova dentro.
L’atto notarile
L’atto notarile
“Questa nella foto – afferma la signora – è casa mia o meglio,era casa mia… il mio giardino e il campo di mio padre, dei miei nonni, bisnonni, eccetera. Il fondo Salina, la cui proprietà è sancita da questo atto notarile del 1944… non riesco a risalire più indietro con gli anni. Il terreno è sempre stato coltivato dai miei nonni, da mio padre, poi da mio fratello Nino che lo usava per pascolare i suoi cavalli o per il fieno. Quando lui è morto, nel 2012, me ne sono occupata io, visto che era adiacente al mio giardino. Ogni anno a pulire, (i vicini ne sono testimoni) personalmente col decespugliatore o chiamando il trattorista, per evitare incendi e per usarlo come area giochi per i nipoti che passano l’estate con me”. Questo l’inizio del racconto che, naturalmente, lascia immaginare anche un rovescio della medaglia. Un’altra verità che emerge dalle stesse parole della donna. “Ora pare che il Comune di Vibo Valentia – prosegue – abbia stabilito di dover costruire un asilo nido… (pnrr… potere dei soldi!) perché al catasto questo terreno risulta di proprietà comunale. Solo che il titolo di proprietà il Comune non riesce a esibirlo, perciò non vedo come possa avanzare pretese sul mio giardino e sul terreno adiacente il mio giardino… terreno che, ribadisco, è sempre stato di proprietà della mia famiglia”.
Il dubbio
Per maggior chiarezza “preciso che sessant’anni fa – aggiunge – mio padre aveva stipulato un accordo con una cooperativa per la cessione di detto terreno. La cooperativa non ha mai preso possesso e in sessant’anni il Comune non ha mai avanzato pretese di alcun genere per cui il terreno è sempre rimasto nelle pertinenze della mia famiglia, che lo ha coltivato per utilità o per scopi ludici. Ora risulta che il Comune deve costruire un asilo proprio qui, dentro casa mia e che il progettista abbia redatto il progetto di detto asilo sulla carta, senza sopralluoghi e senza tener conto della situazione di fatto. È legale tutto ciò?”. Non è compito nostro dare a Francesca le risposte che cerca. Noi possiamo solo sottoporre il suo disperato appello all’attenzione dei lettori. Il guaio è un altro: le risposte a Francesca non le dà nemmeno chi dovrebbe. Eppure tutto quello che poteva fare per fermare le ruspe, l’ha fatto.
Tanta amarezza…
“Sono state adite le vie legali – spiega – per chiedere un provvedimento d’urgenza al giudice, ma, a quanto pare, la giustizia ha tempi d’intervento biblici e, nel frattempo, il Comune ha continuato a costruire, entrando di fatto nella mia proprietà; ha messo una rete a pochi passi da casa mia, dove, secondo loro, dovrebbe esserci il muro di cinta, facendo scempio di alberi, cespugli, piante di fichidindia e danneggiando quanto rimaneva del muro di recinzione. Di tutto ciò è stata fatta regolare denuncia in Questura, ma, com’è evidente, ciò non è servito a nulla”. Una situazione che carica d’amarezza la signora Francesca perché “ogni lavoro di demolizione o abbattimento – sottolinea – è stato perpetrato senza nessuna ingiunzione del giudice e io so che, per legge, quella striscia è mia a prescindere e non è oggetto del contenzioso come la restante parte dove c’è già in essere la costruzione dell’asilo”.
…e tanti perché
I lavori vanno avanti, il malumore cresce e i dubbi pure. “Può – si chiede la protagonista di questa sconcertante storia – un’istituzione pubblica agire in dispregio della legge ai danni di un privato cittadino? Entrargli in casa ed invadere i suoi spazi privati e familiari creando disagi psicologici e materiali a lui e alla famiglia? Può essere il Comune così arrogante e prepotente da manifestare l’intenzione a breve di abbattere altri tre alberi ultradecennali, piantati da me personalmente oltre quarant’anni fa e che rientrano nel mio giardino a pochi metri dalla casa, fuori dal terreno adiacente destinato da loro all’asilo? Può il Comune – incalza – dimostrare questa prepotenza inaudita, non fermarsi davanti alle varie denunce presentate finora, benché supportate da foto che testimoniano la situazione descritta?”. Tante domande, tante perplessità.
L’emergenza
E il peggio potrebbe ancora non essere passato perché “la richiesta di un intervento di urgenza alle autorità giudiziali – conclude Francesca Policaro – non ha sortito alcun effetto. Però, ora, l’urgenza non riguarda la costruzione, ma l’occupazione del mio giardino e la conseguente intenzione di abbattere i miei alberi”. Per come l’interessata la racconta, decisamente una brutta storia con aspetti alquanto inquietanti. Probabilmente, amministratori, ufficio tecnico, progettista e ditta appaltante farebbero bene ad attivare una pausa di riflessione. Alla fine della fiera, la signora Francesca ha delle carte in mano che le consentono di accampare diritti. Perchè non fermare le ruspe e provare a darle le risposte che cerca?