Tanta gente per commemorare l’anniversario della scomparsa di Maria Chindamo in contrada ‘Montalto’ di Limbadi non si era mai vista. C’è difficoltà a trovare parcheggio per le auto e per una decina di pullman arrivati da tutta la Calabria soprattutto per accompagnare alunni delle scuole superiori di primo e secondo grado, ma anche semplici cittadini. Si fatica a trovare posto anche per poter assistere alle varie fasi della manifestazione. Non era mai successo. C’è, in particolare, una massiccia partecipazione dei rappresentanti dello Stato, della Chiesa, delle forze dell’ordine e delle associazioni.
La forza delle associazioni
Ma va registrata anche la presenza di esponenti politici di primo piano quasi a sottolineare che commemorare Maria non è solo un fatto che appartiene a pochi, bensì un evento anche di portata politica che potrebbe schiudere le porte a nuovi scenari lungo il percorso che porta al rifiuto della violenza, dei femminicidi e di tutti i valori negativi che, purtroppo, continuano a trovare spazi. Il successo della manifestazione tenutasi alla periferia di Limbadi è il frutto della caparbietà con cui Vincenzo Chindamo ha sempre lottato per evitare che sul caso di sua sorella calasse presto il silenzio, ma è anche il risultato dell’impegno e della vicinanza che tutte le associazioni aderenti al comitato ‘Difendiamo noi le terre di Maria’ (Libera, il Centro comunitario Agape, Progetto Sud, Goel gruppo cooperativo, ‘Una nessuna centomila’ e altre ancora) da nove anni mettono in campo per difendere il ricordo di una donna che ha avuto il torto di voler dare spazio ai suoi sogni.

Brunori, bella sorpresa
Maria, però, è morta solo per chi l’ha strappata all’affetto dei suoi figli e dei suoi familiari, non per la gente, per le istituzioni, per i giovani che ogni anno arrivano sempre più numerosi a Limbadi per testimoniare la voglia di lottare contro ingiustizie e malvagità. Maria, oggi, è simbolo di resistenza, libertà, amore e speranza in un mondo migliore. Chi, però, pensava di cancellarne la memoria strappandola all’affetto dei suoi cari, ha perso la partita perché la sua voce oggi si leva alta più di quand’era in vita. Lo stesso spiazzo antistante il cancello della sua proprietà è ormai simbolo di rinascita, di voglia di cambiamento, di consapevolezza che da certe situazioni negative si può uscire solo stando tutti assieme. E ha suscitato non poca sorpresa la presenza a Limbadi di Dario Brunori, un figlio della Calabria che ne sta illustrando il nome in tutte le piazze e a tutti i livelli. Il cantautore cosentino, sostenitore dell’associazione ‘Una nessuna centomila’, s’è mischiato in mezzo alla folla cercando di non farsi notare. Cosa impossibile perché soprattutto i giovani l’hanno subito riconosciuto apprezzando, al pari di tutti gli altri, l’importanza della sua presenza per contribuire a ‘illuminare’ le terre di Maria.
Il ‘graffio’ del vescovo Nostro
Cosa questa che hanno fatto in maniera davvero efficace anche i giovani attori dello spettacolo ‘Se dicessimo la verità’, ideato da Emanuela Giordano e Giulia Minoli e che tanto successo ha già riscosso in tutta Italia. Sono stati bravi nel rappresentare storie di mafia e di ribellione, ma anche a interfacciarsi con il pubblico presente e soprattutto con gli studenti che non sono rimasti indifferenti alla forza del loro messaggio. Poi, sul palco si sono alternati i massimi rappresentanti delle istituzioni a cominciare dal procuratore della Repubblica di Vibo Camillo Falvo e, a seguire, il sottosegretario Wanda Ferro, il prefetto Anna Aurora Colosimo, il vicepresidente della giunta regionale Filippo Pietropaolo, l’assessore Maria Stefania Caracciolo, il sindaco di Limbadi Leo Mercuri e il vescovo Attilio Nostro che ha graffiato l’aria col suo invito a battersi contro la mafia “perché è una montagna di cacca”.
Massiccia partecipazione
In prima fila, ad ascoltare i loro interventi c’erano il questore Rodolfo Ruperti, i vertici dell’Arma, della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto, nonché alcune delle migliori espressioni della chiesa calabrese (don Giacomo Panizza e don Pino De Masi), il responsabile regionale di Libera Giuseppe Borrello, l’ex parlamentare Dalila Nesci. Presenti anche il consigliere regionale Michele Comito, il presidente della Provincia Corrado L’Andolina, i testimoni di giustizia Nino De Masi e Gaetano Saffioti ai quali il pubblico ha indirizzato ripetuti applausi.

La statua di Camarilla
L’importanza della manifestazione non è sfuggita a nessuno. Il cancello che porta alle terre di Maria è ormai un punto di riferimento, un simbolo di rinascita. La statua dell’artista Luigi Camarilla, inaugurata tra gli applausi dei presenti, tende ad immortalare il ricordo di Maria, ma anche a trasmettere messaggi positivi in quanti si fermeranno ad osservarlo. Ancor più importante sarebbe, ora, un’iniziativa mirata a trasformare la limitante strada provinciale in un viale intitolato a Maria, simbolo di libertà. Il progetto merita attenzione anche perché realizzarlo non comporterebbe grandi spese.