I morti non bastano. Non bastano più. La drammaticità degli eventi succedutisi negli ultimi tempi non sono stati sufficienti a fare alzare le antenne a chi governa la sanità, quella del Vibonese in particolare. Perché oggi pomeriggio l’assistenza che non funziona si è ripresentata; sgangherata in tutta la sua precarietà. Questa volta, per fortuna, non ci sono stati morti. Una persona arrivata al Pronto soccorso dell’ospedale di Tropea in ambulanza (in codice verde, perché presentava solo qualche trauma) non è stata accettata. Sapete perché? Non c’era linea internet, non c’era connessione. Tutte le apparecchiature elettromedicali che per lavorare necessitano di supporti informatici erano out. In un presidio che si chiama ospedale, purtroppo, non avere una linea internet d’emergenza equivale a dover abdicare, gettare la spugna, non prestare cure e assistenza.
La testimonianza
Con il coraggio di sempre è stata la dottoressa Alessia Piperno, medico che vive sulle ambulanze del servizio di emergenza urgenza (Suem 118), a denunciare l’ennesimo paradosso. “Verso le 17 di (martedì 10 giugno) riceviamo una chiamata: caduta accidentale, uomo, trauma cranico. Arrivati sul posto, accuratamente visitato il paziente, raccolta l’anamnesi e medicato, identifico un codice verde e mi dirigo verso l’ospedale di Tropea dove arriviamo in pochi minuti. Ci ricevono un medico cubano e un infermiere che ci dicono che non lo possono accogliere perché le linee interne non funzionano e non potrebbero fargli gli esami (Tac e quant’altro) che sarebbero necessari. Risultato: si rifiutano persino di fare il triage. Secondo loro (ma non l’hanno neppure visitato) devo portarlo da un’altra parte. Loro non possono riceverlo”.
Battibecco tra sanitari
Una sorpresa, al punto che tra i sanitari è nato subito un animato battibecco. “Faccio presente che si tratta di un codice verde, che non è necessario il medico: basta una prima accoglienza, fargli un accesso venoso, una medicazione, gli esami. Se, poi, fosse necessario il medico, ci si penserà dopo. Al massimo si potrà utilizzare un’ambulanza non medicalizzata. Niente da fare. Il rifiuto continua. Fuori, i parenti del paziente cominciano a perdere la pazienza e dobbiamo faticare a calmarli. Io l’ospedale di Tropea lo conosco bene: basterebbe prenderlo in carico, sistemarlo in un letto e aspettare che le linee ritornino a funzionare, fargli una flebo, tenerlo sotto osservazione e poi, si potrà rivalutarlo”.
Scienza e coscienza
La dottoressa, tuttavia, non si arrende. “Una cosa è certa, in scienza e coscienza, io ho il dovere di decidere che quel paziente ha bisogno di assistenza ospedaliera urgente sia pure in codice verde. E chi lavora al Pronto Soccorso, non può respingerlo. Anche perché – racconta ancora Alessia Piperno – non è una fase di particolare affollamento. Non ricevo aiuto neppure dalla centrale operativa di Catanzaro che invece di imporsi, invitare il medico di Pronto soccorso a fare il suo lavoro o al massimo chiamare i carabinieri ha pensato bene di dire ‘Ma se non accetta il paziente io che devo fare?’ E spostare così un mezzo medicalizzato lasciando il territorio completamente scoperto. Dopo un’ora di batti e ribatti, sono comunque costretta a portarlo via, destinazione Lamezia Terme”.
Finalmente allo Jazzolino
Una decisione non facile perché quella della dottoressa Alessia Piperno è l’unica ambulanza medicalizzata per la zona di Tropea. Una eventuale emergenza troverebbe il territorio scoperto. “Ci chiamano – spiega ancora – e ci dirottano su Vibo che è molto più vicino. Almeno il rischio per il territorio è risolto. Il Pronto soccorso di Vibo accoglie il paziente in codice verde come avevo detto io. Ma ci sono volute tre ore dall’inizio di questa vicenda assurda. I parenti del ferito mi fanno sapere che hanno già denunciato tutto ai carabinieri. Secondo me si è trattata di una vera e propria omissione di soccorso”.