L’ospedale Jazzolino e le dimissioni di Mangialavori: la resa della sanità lasciata sola

Ora tutti si aspettano la reazione dei primari. Nel 2016 contestarono i tagli del decreto Scura con dimissioni inviate al Prefetto e al ministro Lorenzin

Le dimissioni del dottor Vincenzo Mangialavori, primario facente funzioni del reparto di Ginecologia dell’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia, non sono solo l’atto conclusivo di un incarico; all’orizzonte ci sarà, molto probabilmente, un concorso a primario da sostenere. Ma al netto di ogni supposizione, di questa o quella strategia che pure vengono sussurrate, la sua decisione rappresenta il segnale di una frattura profonda tra chi ogni giorno lavora in corsia e chi, dall’alto, dovrebbe garantire condizioni minime per farlo. La sua scelta di mollare – dopo aver denunciato in modo netto l’assenza di strumenti diagnostici, personale e ascolto – ha lasciato sgomenti i colleghi, che oggi si interrogano: si può ancora andare avanti così?

Il coraggio di agire

Mangialavori ha avuto il coraggio di fare ciò che altri, per dovere o per paura, non riescono a fare o coprire; dire pubblicamente che il reparto è al limite, che le richieste sono rimaste inascoltate, che i commissari dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia non si sono mai confrontati seriamente con i primari. E oggi il suo gesto, oltre che una denuncia, è diventato un simbolo. Il simbolo di una sanità che non si regge più sull’organizzazione e su un sistema efficiente, ma sull’eroismo quotidiano di pochi medici e operatori costretti a lavorare con mezzi insufficienti e responsabilità enormi.

Colleghi ancora in silenzio

I suoi colleghi, ora, non sanno più come reagire. Restare a fare da scudo umano a un sistema che scarica su di loro ogni colpa, o alzare la voce e pretendere una svolta radicale? I reparti (a cominciare ovviamente da Ginecologia) vivono da anni in una condizione di precarietà permanente. Ma quando le emergenze diventano routine, si rischia il disastro. E due eventi tragici in pochi giorni – su cui la magistratura sta indagando – non possono essere ignorati o ridotti a statistiche.

Nove anni fa le dimissioni

Molti hanno dimenticato ma la precarietà dello Jazzolino viene da lontano. Era l’11 marzo 2016, ovvero nove anni fa, quando sedici primari tra titolari e facenti funzioni firmarono la loro dimissioni inviandole al prefetto di allora, Carmelo Casabona e al ministro della sanità Beatrice Lorenzin. Una decisione forte maturata al termine di un’assemblea pubblica tenutasi nel salone della Provincia. Protestavano contro un decreto commissariale firmato da Massimo Scura che demoliva l’ospedale Jazzolino, spogliato gradualmente dal 2007 di Nefrologia, Microbiologia, Malattie Infettive, Medicina Nucleare, Otorino laringoiatria, Oculistica e Centro trasfusionale. E come se tutto ciò non fosse stato sufficiente per tratteggiare le criticità dello Jazzolino veniva usata anche la mannaia sui posti letti, ridotti senza alcuna pietà. “Ultimi tra gli ultimi”, commenta Domenico Consoli.

I tagli vengono da lontano

Oggi il malumore non viene alimentato da un decreto ma dell’assenza di programmazione, dall’assenza di un piano aziendale, dalla mancanza di un direttore sanitario aziendale (arriverà solo nei prossimi giorni) e soprattutto dall’assenza di un direttore sanitario ospedaliero. I danni, ovviamente non sono solo questi, ma la mancanza di risposte alle tante criticità presenti.

Personale stanco e avvilito

Il personale è stanco, demoralizzato, arrabbiato. Non basta più “tenere duro”. Serve una risposta concreta e immediata da parte dell’Asp e delle istituzioni regionali. Non ci si può voltare dall’altra parte mentre reparti fondamentali vengono svuotati di risorse e responsabilità. La salute non può essere garantita con atti di buona volontà: servono strumenti, assunzioni, organizzazione. E soprattutto serve rispetto per chi, nonostante tutto, continua a restare.

Le dimissioni di Mangialavori dovrebbero far rumore. Se non lo fanno, significa che abbiamo normalizzato l’assurdo. E questo, in sanità, è il passo che precede l’irreparabile.

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