La Corte di giustizia europea è chiamata a decidere la compatibilità della Direttiva n. 2022/2041, relativa alla previsione di un salario minimo, con il Trattato dell’Unione Europea. L’art. 153 del Trattato, laddove prevede la tutela dei lavoratori in materia di condizioni di lavoro, lotta contro l’esclusione sociale e la parità tra uomini e donne, al comma 5 stabilisce che questa disposizione non si applica in materia di retribuzioni. Sulla scorta di tale espressa deroga la Danimarca ha proposto l’annullamento della direttiva 2022/2041. L’Avvocato Generale, il 16 gennaio 2025, ha depositato le sue conclusioni chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Direttiva da difendere
Direttiva da difendere
A ben vedere la Direttiva 2022/2041 non viola l’art. 153 perché riconosce il valore della contrattazione collettiva, non stabilisce un livello minimo di retribuzione, non impone l’obbligo per gli stati membri di fissare un salario minimo legale. La questione assume rilevanza perché, sulla scorta di una apparente violazione di legge, si chiede l’annullamento di una Direttiva che rappresenta un segnale di attenzione dell’Unione Europea verso la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori.
Il legislatore europeo si è accorto che la spinta di politiche neo liberali , con la deregolamentazione dei mercati e la privatizzazione dei servizi pubblici , ha prodotto ampie sacche di povertà e esclusione , cosa che ha alimentato forme di rigetto dell’Unione Europea , percepita come entità tecnocratica e elitaria , sconnessa dalle realtà quotidiane dei cittadini.
Il benessere dei popoli
La Direttiva 2022/2041 ha ricordato agli stati membri che l’art. 3 del Trattato si prefigge di promuovere il benessere dei popoli basato su una economia sociale di mercato per la piena occupazione e il progresso sociale; che l’art. 151 ha come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro; che l’art. 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione sancisce il diritto di ogni lavoratore alle condizioni di lavoro sane , sicure e dignitose; che ciò si ottiene attraverso salari minimi adeguati ed equi.
La questione, come si vede, prima che giuridica è politica perché investe il punto centrale della esistenza dell’Unione Europea e cioè se si tratta di sovrastruttura normativa tesa a sostenere il sistema capitalistico di produzione e circolazione delle merci oppure se costituisce l’architrave per mantenere la pace e la solidarietà attraverso il riconoscimento dei diritti fondamentali dei cittadini.
Spinte nazionaliste
Una decisione della Corte di Giustizia che andasse nella direzione di accogliere il ricorso, cristallizzando la incompetenza del legislatore europeo per trattare temi rilevanti quali la dignità del lavoro, spingerebbe ancora di più l’elettorato verso formazioni politiche che tendono alla dissoluzione dell’Unione, sguarnendo così il continente europeo dell’unica struttura sovranazionale in grado di contrastare spinte nazionaliste e garantire ancora un periodo di pace.