Caro direttore, ecco le ragioni per le quali votare NO al referendum su questa legge costituzionale per la separazione delle carriere dei magistrati. Per i sostenitori, la riforma costituzionale rappresenta il definitivo approdo al sistema accusatorio, dato che elimina il pericolo che il giusto processo possa essere influenzato dal rapporto di colleganza tra pubblico ministero e giudice. La modifica non raggiunge l’obiettivo visto che viene mantenuta, nei confronti del pubblico ministero, l’attribuzione di funzione giurisdizionale. Mantenimento che non solo è incongruo se riferito a una delle parti ma che accentua la disparità con il difensore, ridotto a junior partner.
Natura del processo
Natura del processo
In logica processuale, al di là delle suggestioni, la riforma non muta la natura del processo penale. Si dice inquisitorio il processo nel quale imputazione e decisione appartengono allo stesso organo o in cui le prove sono raccolte segretamente. Quando il sistema processuale assicura diversità soggettiva tra chi formula l’accusa e chi decide e garantisce la formazione della prova in contraddittorio siamo fuori dall’ambito del processo inquisitorio: eventuali disfunzioni ancora esistenti avrebbero dovuto essere affrontate con modifiche processuali specifiche.
Rischi concreti
La legge costituzionale quindi non è solo pia illusione, buona per fare propaganda, ma rischia di produrre seri danni se non viene modificata la norma che assegna al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione la titolarità dell’azione disciplinare, l’istruzione e l’eventuale impugnazione delle decisioni dell’Alta Corte.
Nomine squilibrate
Infatti, mentre con l’attuale sistema il Procuratore Generale della Corte di Cassazione viene individuato da un organo composto da pubblici ministeri e giudici, con la riforma la designazione è affidata a un collegio composto da soli pubblici ministeri, eletti mediante sorteggio, integrato dai laici eletti anche loro mediante sorteggio ma su un elenco nominativamente predisposto dal Parlamento.
Potere disciplinare
Si configura così un sistema nel quale il Procuratore Generale della Corte di Cassazione mantiene intatto il potere disciplinare verso tutti i magistrati, senza che però sia stato indicato anche dagli appartenenti alla funzione giudicante.
Potere disciplinare che, sia detto per inciso, il pubblico ministero esercita anche nei confronti dell’altro attore del processo che è il difensore.
Equilibrio spezzato
Ecco cosa succede nell’affidare un ordigno delicato qual è il processo penale nelle mani dell’apprendista stregone: il risultato è che nell’actus trium personarum uno dei partecipanti assume la posizione dominante visto che tiene le leve dell’azione disciplinare sugli altri due.
Occasioni perdute
Almeno nei tentativi precedenti di istituzione dell’Alta Corte, come nei lavori della Commissione Bicamerale D’Alema, era stata prevista l’attribuzione dell’azione disciplinare a un Procuratore generale eletto dal Senato, a maggioranza di tre quinti, tra i cittadini aventi i requisiti per la nomina a giudice costituzionale e con mandato di 4 anni non rinnovabile. Ma sarebbe stato pretendere troppo in questa occasione con una riforma ministeriale sulla quale il Parlamento è rimasto purtroppo silente.
Avv. Giuseppe Altieri
già Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Vibo Valentia
e già Componente del Consiglio Nazionale Forense


