Mare sporco e silenzi imbarazzanti: se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi

Un’accorata denuncia arriva da Anna Rosa, rappresentante dell’associazione ambientalista “Pinetamareinsieme”, sulla situazione del mare tra Lamezia e Pizzo

“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Con questa frase, Anna Rosa dell’associazione ‘Pinetamareinsieme – Uniti per il Golfo di Sant’Eufemia’ sintetizza una verità che in Calabria sembra scolpita nelle pietre e scolorita tra le onde sporche del suo mare. Soprattutto lungo quel tratto di costa tra Lamezia e Pizzo, ormai ribattezzato da molti residenti come “terra di nessuno”.

“Le amministrazioni regionali e locali, credo, alla luce di ciò a cui si assiste, abbiano quasi ignorato, per anni, il problema dell’inquinamento marino”, denuncia l’attivista. E le sue parole non sono accuse lanciate al vento, ma osservazioni radicate nella realtà quotidiana di chi, quel mare, lo vive davvero. Tra scarichi abusivi, mancati collettamenti fognari e serre agricole che sversano senza controllo, le acque che una volta erano fiore all’occhiello della costa tirrenica calabrese si sono trasformate in un concentrato di “nutrienti antropici”, come li definisce sarcasticamente Anna Rosa.

Nel dicembre del 2021, un barlume di speranza: su sollecitazione della Procura di Vibo Valentia, nasce una task force regionale contro l’inquinamento marino. “Occhiuto in persona riferiva che si sarebbe trattato della madre di tutte le guerre”, ricorda l’attivista, facendo riferimento ai fondi del Pnrr e a un incontro pubblico tenutosi a Pizzo. Tutti presenti, ognuno a elencare cosa avrebbe fatto. Ma il tempo ha poi smentito le promesse.

“Negli anni a venire aumentavano sicuramente i controlli da parte delle Procure e delle forze dell’ordine – prosegue – ma sappiamo bene che la magistratura interviene quando il danno, purtroppo, è ormai fatto”. E mentre la giustizia si muove dopo i disastri, le estati passano uguali, in una surreale e drammatica continuità. Acque verdi, odori nauseanti, divieti di balneazione non ufficiali ma imposti dai fatti. “Ai poveri bagnanti era negata anche la semplice balneazione”, denuncia.

Nel 2025, il malcontento esplode anche tra gli imprenditori turistici della zona, che si ritrovano con strutture semivuote e turisti delusi. “Crisi senza precedenti”, la definiscono. E il grido di aiuto si unisce a quello delle associazioni ambientaliste, che, anche durante l’ultimo inverno, hanno continuato a invocare interventi. Poi arriva l’estate. Ancora. “Estate 2025… primi 15 giorni di giugno, mare impraticabile, acque verdi, che presentano in alcuni tratti costieri chiari scarichi fognari”, scrive Anna Rosa. Un déjà vu che sa di beffa.

Ma le lamentele vengono soffocate: “State zitti, così si rovina il turismo”, arriva dall’alto. Un paradosso che lascia sgomenti. “Come se a non incentivare il turismo non fosse l’indolenza, l’incapacità di chi dovrebbe agire con coscienza”, incalza Anna Rosa. E continua: “Chi deve agire, deve farlo subito, con tempestività, anche con semplici interventi tampone che garantiscano, quantomeno, la sopravvivenza di questa nuova stagione”. Nel frattempo, le associazioni non mollano. Continuano a protestare, anche sapendo che forse non servirà. Ma restare a guardare non è un’opzione. “Con le temperature alte aspettatevi il peggio o bisogna scegliere tra cipolle o turismo”, si sente dire da qualcuno. Ironia amara di una terra che fatica a difendere se stessa.

“Del resto, ai bagni invernali non siamo ancora abituati”, chiude con un velo di malinconia, “e per il turismo invernale preferiamo la Sila o il Trentino, non certo la costa calabra… per quanto meravigliosa anche in inverno”.

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