Ancora una defezione tra i medici cubani impiegati nella sanità calabrese. Secondo le ultime notizie, un altro professionista ha abbandonato il sistema pubblico per trasferirsi in una clinica privata a pochi passi dall’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia, dove era stato inizialmente assegnato. Un episodio che riaccende le polemiche sul progetto avviato nel 2022 dalla Regione Calabria e che porta il consigliere regionale del Pd Ernesto Alecci a intervenire con un’interrogazione formale rivolta al presidente della Giunta e commissario alla Sanità, Roberto Occhiuto.
“Ho presentato ieri un’interrogazione per verificare l’andamento dell’intero progetto – afferma Alecci –. I conti non tornano: al maggio 2025 risultavano circa 370 medici cubani in servizio, a fronte dei 497 previsti dall’accordo. Ma i casi di abbandono continuano a moltiplicarsi”.
“Ho presentato ieri un’interrogazione per verificare l’andamento dell’intero progetto – afferma Alecci –. I conti non tornano: al maggio 2025 risultavano circa 370 medici cubani in servizio, a fronte dei 497 previsti dall’accordo. Ma i casi di abbandono continuano a moltiplicarsi”.
Il consigliere enumera una lunga lista di episodi: “C’è chi ha scelto il settore privato, chi è andato in ferie e non è più tornato, chi ha preferito la sanità spagnola, chi ha fatto perdere le proprie tracce. È legittimo chiedersi quanti medici siano ancora oggi in servizio e se le condizioni contrattuali siano davvero sostenibili: solo 1.200 euro restano in tasca al medico sui circa 4.700 euro di compenso lordo”.
Alecci non nasconde l’amarezza: “Questo medico ha lasciato l’ospedale pubblico per una struttura privata dove funzionano le macchine e l’aria condizionata, le ferie si fanno davvero, i turni non sono massacranti e lo stipendio non prende il volo per Cuba. E intanto il vecchio Jazzolino aspetta da vent’anni di essere sostituito”.
Infine, un appello alla politica sanitaria regionale: “Per salvare la sanità pubblica non basta ‘importare’ medici. Bisogna farli sentire parte di un progetto alla pari dei colleghi italiani. Serve una riforma strutturale: oggi tutto si muove in modo scomposto, tra proclami e interventi tampone”.