‘Ndrangheta, spunta un nuovo collaboratore di giustizia nel Vibonese

Ha avviato il percorso da 5 anni ma la sua collaborazione non era mai venuta alla luce fino ad oggi

C’è un nuovo collaboratore di giustizia nel Vibonese e la circostanza singolare è che ha avviato tale percorso da circa 5 anni ma di lui non si è mai saputo nulla in quanto fino ad oggi non è stato versato niente sia nelle varie ordinanze di custodia cautelare né è mai stato chiamato a testimoniare nel corso dei numerosi processi per ‘ndrangheta che si sono celebrati.

Il suo nome Renato Marziano, di 51 anni, di Vibo Valentia, adesso compare nell’avviso di conclusione delle indagini dell’operazione “Portosalvo” nei confronti di 22 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, cinque omicidi, tentato omicidio, estorsioni, reati in materia di armi ed altro con l’aggravante delle modalità e dell’agevolazione mafiosa. Marziano è assistito dall’avvocata Ketty De Luca, specializzata nel rappresentare i collaboratori di giustizia.

Il suo nome Renato Marziano, di 51 anni, di Vibo Valentia, adesso compare nell’avviso di conclusione delle indagini dell’operazione “Portosalvo” nei confronti di 22 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, cinque omicidi, tentato omicidio, estorsioni, reati in materia di armi ed altro con l’aggravante delle modalità e dell’agevolazione mafiosa. Marziano è assistito dall’avvocata Ketty De Luca, specializzata nel rappresentare i collaboratori di giustizia.

Di lui poco si sa e quel poco lo si apprende sempre dall’avviso di conclusione delle indagini – in cui gli viene mossa la contestazione associativa di stampo mafioso – dove lo si inquadra come partecipe attivo alla Locale di Piscopio, “con il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, partecipare alle riunioni ed eseguire le direttive dei vertici della società e dell’associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio e consumando i reati-scopo della consorteria”.

Sempre secondo le risultanze investigative era alle dirette dipendenze del presunto “capo locale” Nazzareno Fiorillo, per conto del quale, secondo l’accusa, svolgeva anche la funzione dì autista, collaborava strettamente con lui nella cura degli interessi della cosca, eseguendo le sue disposizioni, assicurando il controllo del territorio e commettendo reati fine del gruppo, in particolare nel campo delle truffe, mettendosi altresì a disposizione della consorteria anche quale azionista per l’esecuzione dei crimini più cruenti. (Ansa)

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