‘Ndrangheta, trent’anni dopo i familiari di Pino Luzza sul luogo del delitto

Ucciso il 15 gennaio 1994 su ordine di un boss (poi condannato all'ergastolo) perché il giovane si era innamorato di una sua parente

“Omnia Vincit Amor” (l’amore vince ogni cosa). È l’inciso su una stele svelata in località “Giardino”, a Monsoreto di Dinami, durante la manifestazione “Voci di Memoria”, voluta dall’amministrazione Nino di Bella e sostenuta da “Libera” “In ricordo di Pino Russo, vittima innocente di ‘ndrangheta”, nel luogo in cui il 21 marzo ’94 sono stati ritrovati i resti, a 2 mesi dalla scomparsa.

La storia è di quelle inenarrabili, assurde e inconcepibili. Pino, infatti, per come risulta dagli atti giudiziari e per come racconta il fratello (di madre) Matteo Luzza, si era innamorato, ed era ricambiato, della coetanea di Arena Angela, cognata del locale boss, che ne osteggiava gli incontri. E li ha osteggiati al punto che Pino, uscito da casa il 15 gennaio ’94, non ne ha fatto più ritorno. Dopo le confessioni di un collaboratore di giustizia è stato trovato cadavere, il 21 marzo dello stesso anno.  Il mandante è stato Gallace, oggi all’ergastolo per tale delitto. In un luogo quasi impervio la stele è stata svelata da Nino di Bella (la cui amministrazione l’ha realizzata) e benedetta dal parroco della comunità, don Angiolino Solano, alla presenza di familiari, amici e conoscenti, dei referenti regionali e provinciali di “Libera”, dei carabinieri di Dinami, del consigliere regionale Raffaele Mammoliti, del testimone di giustizia Carmine Mangiardi e del sindaco e del presidente del consiglio comunale di Dasa, Raffaele Scaturchio e Enzo Cirillo.

La storia è di quelle inenarrabili, assurde e inconcepibili. Pino, infatti, per come risulta dagli atti giudiziari e per come racconta il fratello (di madre) Matteo Luzza, si era innamorato, ed era ricambiato, della coetanea di Arena Angela, cognata del locale boss, che ne osteggiava gli incontri. E li ha osteggiati al punto che Pino, uscito da casa il 15 gennaio ’94, non ne ha fatto più ritorno. Dopo le confessioni di un collaboratore di giustizia è stato trovato cadavere, il 21 marzo dello stesso anno.  Il mandante è stato Gallace, oggi all’ergastolo per tale delitto. In un luogo quasi impervio la stele è stata svelata da Nino di Bella (la cui amministrazione l’ha realizzata) e benedetta dal parroco della comunità, don Angiolino Solano, alla presenza di familiari, amici e conoscenti, dei referenti regionali e provinciali di “Libera”, dei carabinieri di Dinami, del consigliere regionale Raffaele Mammoliti, del testimone di giustizia Carmine Mangiardi e del sindaco e del presidente del consiglio comunale di Dasa, Raffaele Scaturchio e Enzo Cirillo.

L’amore vince ogni cosa

Mazzi di fiori sono stati deposti dalla madre, dal sindaco e da Pino Carnovale, presidente dell’associazione acquarese “Donn’Antuani”. Palpabile ma indescrivibile la commozione di mamma Teresa, dei fratelli, Matteo, Francesco e Maurizio e del patrigno Orlando, per la prima volta dopo trent’anni in quel luogo a loro angusto. Tanti gli interventi nella successiva tavola rotonda, alla scuola media. Ha portato i saluti il sindaco, a nome suo, dell’amministrazione e della comunità, in memoria e omaggio a Pino, giovane vittima di un’infame cultura mafiosa. Il sindaco di Dasà, Raffaele Scaturchio, ha preso impegno, per conto del comune e dell’istituto comprensivo “G. d’Antona”, di portare i ragazzi di terza media alla giornata in memoria per le vittime di mafia, il prossimo 21 marzo a Roma.

Il consigliere regionale Raffaele Mammoli ha ricordato gli episodi drammatici della vicenda e le manifestazioni svoltesi nel periodo ad Acquaro, rimarcando l’importanza della memoria per frenare la barbarie criminale.  Che, secondo i parroci della comunità, don Angiolino e don Rocco Suppa (Dinami), <si può stroncare anche con il perdono, la carità e l’accoglienza>.

Il dolore e lo smarrimento

L’atmosfera della giornata è stata sintetizzata da mamma Teresa che, commossa, ha ripercorso i giorni del dolore e dello smarrimento per la scomparsa di Pino e la crudeltà del delitto, perpetrato da 7 persone, coinvolte a vario titolo, cercando di esternare la sensazione provata nel visitare per la prima volta quel luogo. Per “Libera”, in conclusione,  sono intervenuti: il fratello di Pino, Matteo, che ha rimarcato i percorsi di testimonianza, riflessione e condivisione messi in campo per ricordare le vittime innocenti della criminalità, anche nelle scuole, nelle università e nelle carceri; la referente provinciale, Maria Joel Conocchiella, che si è concentrata sul “potere” del ricordo e della memoria viva come vero e proprio impegno; il referente regionale, Giuseppe Borrello, soffermatosi sulle tante iniziative dall’associazione per ricordare le vittime innocenti, i momenti messi in campo a sostegno del vescovo e dei parroci minacciati, e le iniziative per l’utile uso a fini sociali dei beni confiscati alla criminalità mafiosa. Perché: “Omnia Vincit Amor”.

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