La proposta del Movimento 5 Stelle di introdurre un “reddito di dignità” in Calabria scatena la dura reazione di Maria Rosaria Nesci, (Noi Moderati) consigliera comunale di opposizione a Palazzo Luigi Razza, che definisce l’iniziativa “l’ennesima trovata per abbindolare, anzi, infinocchiare il popolo”. Secondo Nesci, il provvedimento rischierebbe di bloccare la crescita economica della regione, già gravemente penalizzata da carenze strutturali e mancanza di opportunità lavorative. “L’assistenzialismo ai calabresi e alla Calabria non serve. A noi serve che il lavoro lo si produca e non che lo si blocchi o, peggio, che si favorisca il lavoro in nero senza alcuna tutela”, afferma.
Fattibilità normativa
Fattibilità normativa
Nesci sottolinea come la misura non sarebbe nemmeno sostenibile sotto il profilo normativo e finanziario. “Per legge non è prevista l’assegnazione di risorse statali alle regioni per l’assistenzialismo integrativo. Al massimo esistono incentivi sporadici e limitati per situazioni di grave indigenza, ma nulla di più”, precisa. La consigliera evidenzia inoltre che i fondi dell’Unione Europea sono vincolati a politiche attive del lavoro e non possono essere destinati a misure di natura assistenziale: “Il rischio di un uso improprio di tali risorse – avverte – sarebbe la restituzione dei fondi e l’applicazione di pesanti sanzioni, con il conseguente dissesto della Regione Calabria”.
L’economia regionale
L’introduzione di un reddito di dignità, secondo Nesci, avrebbe un impatto devastante sulle imprese e sull’economia locale: “Nel giro di un anno le aziende, piccole, medie o grandi che siano, si troverebbero al collasso, con un incremento dei costi per le famiglie e una paralisi dei servizi essenziali”, dichiara. La consigliera conclude lanciando un appello alla responsabilità: “Di dignità questo reddito non ne ha affatto. Dobbiamo scongiurare il rischio di uno spopolamento e della morte economica e sociale della nostra terra”.