La chiusura al traffico della Sp 72 verso Piani di Acquaro, in seguito alla frana di fine marzo e al persistente pericolo di ulteriori cedimenti ha ancora di più accentuato il senso di abbandono della frazione montana, priva, tra l’altro di vie di collegamento col resto del mondo e di un benché minimo servizio pubblico di trasporto che garantisca il diritto alla mobilità. Ne è ben consapevole Maria Teresa Aloe, che a Piani è residente, ha un’attività commerciale che necessita di continui rifornimenti di merce e usa la metafora di un pesco per descrivere lo stato d’animo che la pervade.
L’albero di pesco
“Nel giardino di casa mia – racconta – ho piantato un albero di pesco che io curo amorevolmente e nel giro di pochi anni è diventato bello e rigoglioso (dall’anno scorso ha iniziato anche a fare i primi frutti). Al mattino, quando è in fiore, mi affaccio alla finestra e ne ammiro la meraviglia, ancora più strepitosa quando abbracciata dal sole. Le sue radici – prosegue – sono ben aggrappate al terreno e così, anche quando il vento soffia intensamente, il mio pesco si piega ma non si spezza, perché ha imparato la dura legge della sopravvivenza”.
La ‘magia’ del pesco simboleggia quella del luogo dove Maria Teresa vive: “Un posto meraviglioso – lo definisce – spalleggiato da alte montagne e affacciato sul mare, al punto che quando il cielo è sereno si riescono a scorgere le navi ormeggiate al porto di Gioia, le Eolie e finanche l’Etna, che ispirano un senso di pace e di libertà da ogni pensiero”. Oltre a ciò a Piani ci sono enormi distese di terreni, in gran parte incolti ma che potrebbero dare infiniti frutti, si gode di un’aria salubre e, poco distante, ci sono immensi e rigogliosi boschi e sorgenti di acqua oligominerale. Tutto ciò che si potrebbe desiderare per una vita serena.
Le avversità
Riaprendo gli occhi, però, tante sono le “avversità” a cui dover “resistere”. A partire dal senso di abbandono da parte delle istituzioni più varie, che prevale su tutto il bello che c’è e ne svaluta l’immenso potenziale. E seguendo, come già detto, dall’assenza di vie di collegamento degne di tal nome, che rendono difficile l’accesso ai mezzi pesanti (per rifornire le numerose attività commerciali) o a un autobus, necessario per far frequentare le scuole superiori a Vibo a circa 40 studenti.
Per non parlare delle ambulanze, in circostanze come quella che persiste da una settimana. Neppure gli elicotteri atterrano (in vari casi si è reso necessario l’intervento di un elisoccorso che è atterrato al campo sportivo di Acquaro, a circa 10 chilometri). Il tutto in presenza di distanze siderali da luoghi nevralgici per la vita e lo spostamento di un essere umano: centri di primo soccorso, aeroporti, stazioni ferroviarie, autostrade. Le radici, come quelle del pesco, sono forti. Ma guardano alla realtà dei fatti lo è altrettanto lo sconforto, soprattutto quando Maria Teresa pensa: “Quale futuro posso dare ai miei figli in questo posto si meraviglioso ma dimenticato da Dio e dall’uomo”? Già: quale futuro?