Pini abbattuti a Vibo, il Tar rigetta il ricorso del Wwf ma bacchetta il Comune: sacrificati interessi pubblici

I giudici sottolineano l’obbligo per l'ente di ripiantare nuovi alberi e non escludono valutazioni tecniche discutibili

Il Tar di Catanzaro ha depositato oggi, 29 settembre 2025, la sentenza n. 1512/2025 riguardante il controverso abbattimento dei pini in piazzale Aldo Moro a Vibo Valentia, “erroneamente indicato dai progettisti come piazza Gaetano Salvemini”. Il ricorso, presentato dal Wwf – Sezione di Vibo Valentia contro l’ordinanza del sindaco che, lo scorso 19 febbraio, disponeva l’abbattimento di 14 dei 18 pini presenti sulla piazza (effettuato il successivo 21 maggio), è stato rigettato. Tuttavia, stando a quanto riferito dall’associazione, “la sentenza non è priva di rilievi importanti, soprattutto sul piano della tutela ambientale e della responsabilità amministrativa”.

Sacrificio del verde

Sacrificio del verde

Il Tribunale amministrativo ha accertato l’obbligo, in capo all’Ufficio tecnico comunale, di “piantare nuovi alberi nello stesso piazzale” e di “reperire, in tempi rapidi, le risorse necessarie”. Nella stessa sentenza i giudici hanno riconosciuto come l’”abbattimento abbia comportato il sacrificio di importanti interessi pubblici: dalla funzione ecosistemica urbana alla bellezza del paesaggio, dalla qualità della vita cittadina alla biodiversità vegetale e animale”.

La questione “bypassata”

Il Tar, tuttavia, non ha esaminato quello che per il Wwf rappresentava il “profilo decisivo del ricorso, ovvero l’assenza dei presupposti di legge per l’adozione di un’ordinanza contingibile e urgente da parte del sindaco (art. 54 del D.Lgs. 267/2000). Secondo il ricorrente, il mancato esame di questo punto – supportato da giurisprudenza allegata agli atti – avrebbe potuto determinare un esito diverso”.

Pulling test e discrezionalità

Altro punto critico, secondo il Wwf, è la “mancata esecuzione del pulling test, ovvero la prova statica sull’effettiva pericolosità degli alberi, nonostante fosse stata disposta dallo stesso Tar nell’ordinanza cautelare del 20 marzo scorso. Non accolta nemmeno la richiesta istruttoria dell’associazione ambientalista di coinvolgere direttamente la Società Italiana di Arboricoltura (S.I.A.), per chiarire come dovesse essere interpretato il loro stesso protocollo in materia”. La sentenza lascia emergere anche un “giudizio critico sulla valutazione effettuata dall’agronomo incaricato, il dott. Rotiroti, definita ‘opinabile’ dagli stessi giudici, i quali hanno però riconosciuto l’insindacabilità della discrezionalità tecnica”.

Portata della sentenza

Oltre ai profili giuridici, la decisione del Tar contiene valutazioni che aprono una riflessione politica. I giudici, infatti, sottolineano che sarebbe stato lecito attendersi, da parte dell’amministrazione comunale, un atteggiamento più approfondito nella valutazione tecnica, andando oltre una semplice analisi visiva.

Il commento finale – attribuito al difensore del Wwf, l’avvocato Alessandro Caruso Frezza, anche presidente f.f. di Italia Nostra – evidenzia la percezione diffusa di arbitrarietà nell’intervento: “Buona parte della cittadinanza e dell’opinione pubblica è consapevole di quanto sia stata opinabile la scelta dell’abbattimento, soprattutto se confrontata con la ‘bruttura’ dei 13 lampioni che oggi sostituiscono i pini: privi di rami, foglie, ossigeno e frescura, in uno spazio ormai quasi interamente cementificato”.

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