Ci sono voluti ben 24 anni per chiudere la vicenda che ha visto contrapposti il Comune di Vibo Valentia e la Cadi Srl dell’imprenditore Francesco Cascasi. Una vertenza lunga, condita da vicende umane dolorose, personali, oltre che imprenditoriali. Una storia che ha messo in pericolo anche l’incolumità dello stesso imprenditore e della sua famiglia. Un danno che nessun giudice, nessun tribunale (putroppo) potrà mai ripagare.
Le pressioni dei clan
Le pressioni dei clan
Il progetto ha passato il “vaglio” di ben quattro sindaci e alcuni commissari che nel corso delle varie crisi amministrative si sono alternati alla guida di palazzo Luigi Razza, benché per brevi periodi. Cadi Srl proponeva la realizzazione di una superficie attrezzata per la nautica da diporto all’interno del Porto di Vibo Marina; un progetto che aveva calamitato gli interessi delle cosche locali di fronte alle quali Cascasi non ha mai ceduto, anzi ha denunciato e testimoniato, facendo condannare i suoi estorsori. Ha fatto muro come ha potuto. Ha combattuto con ogni mezzo. Sulla sua strada ostacoli di ogni tipo; protagonisti anche burocrati, uffici e strutture tecniche. Attorno a lui solo muri di gomma. Anni di sofferenza e sconforto per chi avrebbe voluto investire tutto in Calabria.
Il risarcimento
A mettere la parola fine su questa vicenda, che ha navigato per tantissimi anni in acque piuttosto torbide, ci ha pensato la settima sezione del Consiglio di Stato che ha respinto il ricorso del Comune (e con esso anche il ricorso incidentale della Cadi Srl) confermando il giudizio di primo grado con il quale il Tar di Catanzaro, con sentenza del 31 gennaio 2024, aveva riconosciuto alla Cadi Srl un risarcimento di circa 2 milioni di euro. Importo che oggi, con rivalutazione e interessi, si aggira complessivamente sui tre milioni e 800 mila euro. A tutela delle ragioni e dei diritti della società gli avvocati Giuseppe Altieri e Alessio Giuseppe Colistra che, nei diversi gradi di giudizio, hanno ricostruito tutte le vicende riguardanti la Cadi Srl. Mentre il Comune di Vibo, che ora dovrà provvedere a fronteggiare le spese, era rappresentato dagli avvocati Stella Maria Vaticano e Mariastella Paolì.
L’inizio del calvario
Tutto ha avuto inizio il 17 ottobre 2000, con il primo ricorso al Tar per la mancata concessione demaniale, dopo avere presentato alla Capitaneria di Porto di Vibo Marina domanda per il rilascio di una apposita concessione della durata di trent’anni per la realizzazione all’interno del Porto di un’area attrezzata per la nautica da diporto. Uno spazio demaniale di 1.454,27 metri quadri e di uno specchio d’acqua di 32.294,63 metri quadrati. Da quel momento è iniziato il calvario per la Cadi Srl e per l’imprenditore vibonese. Ritardi, trafile burocratiche, fascicoli lasciati nei cassetti, conferenze di servizi, diffide, ricorsi, citazioni in giudizio, archiviazioni, perizie, chiarimenti. E poi progetti, preliminari, spese. La voglia di mollare, di andare via. Insomma tutto quello che i poteri hanno potuto muovere per ostacolare un progetto che aveva ingolosito persino le cosche.
Oggi si riparte nella speranza che quel tempo possa rimanere solo un lontano ricordo e che la pubblica amministrazione possa condividere un progetto che potrà presto cambiare i connotati di un Porto fino ad oggi ai margini di qualsiasi tipo di sviluppo.