La pubblicazione degli emendamenti segnalati – gli unici ammessi alla discussione parlamentare – ha azzerato in poche ore mesi di attese e di lavoro politico: non è stato segnalato neppure un emendamento a favore dei precari. Né dalla maggioranza, né dall’opposizione, né dai parlamentari calabresi. Un vuoto politico che pesa come una condanna. Per centinaia di lavoratori assunti tramite la procedura selettiva del 2022, con contratti rinnovati fino al 28 febbraio 2026, questa è la realtà: nessuna stabilizzazione, nessuna garanzia, nessuna prospettiva.
Senza i precari la macchina si ferma
Senza i precari la macchina si ferma
Il documento ufficiale del Ministero della Cultura, diffuso in questi giorni, è chiarissimo e allarmante: in Calabria operano oggi oltre 150 lavoratori a tempo determinato che garantiscono il funzionamento quotidiano di musei, parchi archeologici e uffici. Sono così distribuiti: Direzione Regionale Musei Calabria: 92 unità; Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria: 44 unità; Parchi archeologici di Crotone e Sibari: 20 unità.
La fine dei contratti
Si tratta di personale tecnico, assistenti alla fruizione, vigilanza, accoglienza, educazione al patrimonio e amministrativi. Secondo il Ministero, questo personale non è “di supporto”: è un pilastro operativo indispensabile che ha permesso di reggere il colpo dei pensionamenti e delle carenze strutturali degli organici. E l’allarme è scritto nero su bianco: dal primo marzo 2026, con la cessazione dei contratti, il sistema museale calabrese subirà gravi ripercussioni; saranno compromessi equilibri operativi già fragili e la continuità dei servizi non potrà essere garantita. Il Ministero, pertanto, chiede “interventi urgenti” per evitare il collasso.
Vibo, un museo già in bilico
In questo quadro regionale, Vibo è il punto più fragile: senza la stabilizzazione dei nove precari in servizio, il Museo Archeologico di Vibo è destinato alla chiusura. Non per metafora: senza personale non si aprono le sale, non si garantisce vigilanza, non si gestiscono ingressi e collezioni. Un patrimonio identitario del territorio rischia di spegnersi per mancanza di scelte politiche.
Enzo Comito: qui la politica non c’è
Tra le voci più dure c’è quella di Enzo Comito, dipendente del museo a 18 ore settimanali, sindacalista Slai Cobas e attivista nel sociale. “Nessun emendamento segnalato, neanche uno dei politici calabresi. È la conferma che a Vibo la politica non esiste. Siamo stati ignorati da tutti: dai nostri e dagli altri, dove sono finiti i Cannizzaro, i Mangialavori, i Tucci e tutti gli altri. Si capisce che non ci sono appuntamenti elettorali imminenti. Nessuno si è mosso”.
In uscita oltre 150 lavoratori
Una crisi politica che diventa una crisi dei servizi. Senza stabilizzazioni e senza emendamenti, la situazione è questa: oltre 150 lavoratori essenziali in uscita nel 2026; musei, parchi e istituti che non possono funzionare senza di loro; territori che rischiano di perdere presidi culturali, turistici e identitari. L’unica strada rimasta è il Milleproroghe, ma senza compattezza e pressione politica coordinata potrebbe trasformarsi in un’ultima illusione.
Una domanda che aspetta risposte
Se tutto questo dovesse crollare – se i musei chiudessero, se i servizi culturali si paralizzassero, se 150 lavoratori venissero lasciati senza futuro – chi avrà il coraggio di dire “è colpa mia”?


