Raffaele Losardo: papà era un uomo troppo pericoloso per le cosche

Il figlio del segretario del Pci e amministratore di Cetraro parla in una intervista realizzata da Rita Pedditzi (Rai) di un delitto rimasto senza mandanti

Come fare finta di nulla. Pesano come macigni ancora oggi le parole di Raffaele Losardo, figlio di Giovanni Losardo, assassinato dalla ‘ndrangheta la sera del 21 giugno 1980 in località Santa Maria del Mare a Cetraro. Il segretario della sezione del Pci e amministratore di Cetraro stava rientrando a casa al termine di una seduta del Consiglio comunale quando i killer, che hanno agito a bordo di una moto di grossa cilindrata, lo hanno crivellato di colpi d’arma da fuoco all’interno della sua autovettura.

Aveva 54 anni. Un delitto impunito. Accusato e processato il boss Franco Muto in qualità di mandante ma la vicenda giudiziaria si è conclusa con una sentenza di assoluzione definitiva. Oggi a distanza di 44 anni da quell’orrendo delitto, è tornato a parlare Raffaele Losardo in una intervista realizzata da Rita Pedditzi, inviata speciale di Rai Radio1.

Aveva 54 anni. Un delitto impunito. Accusato e processato il boss Franco Muto in qualità di mandante ma la vicenda giudiziaria si è conclusa con una sentenza di assoluzione definitiva. Oggi a distanza di 44 anni da quell’orrendo delitto, è tornato a parlare Raffaele Losardo in una intervista realizzata da Rita Pedditzi, inviata speciale di Rai Radio1.

Raffaele Losardo

<L’omicidio di papà è avvenuto in una situazione territoriale che è palesemente controllata dalla cosca del mafioso del posto che era Franco Muto e non c’era niente ovviamente che potesse muoversi in qualche modo controllata, autorizzata dal boss di turno>.

Aveva troppe cariche per passare inosservato nel territorio delle ‘ndrine?

<Papà era pericoloso sia a livello amministrativo come assessore ai lavori pubblici, poi alla pubblica istruzione nel Comune di Cetraro. Sia come segretario capo della Procura della Repubblica di Paola, nell’ambito di un Ufficio giudiziario, attraversato da un momento travagliato per la presenza di magistrati francamente sconcertanti. C’è stata un’indagine molto severa di un magistrato ispettore che accertato comportamenti molto preoccupanti da parte di alcuni magistrati. Fanno pensare che ci sia stato un salvarsi di interessi diversi che hanno portato poi a quell’omicidio>.

Nel processo la verità non verrà mai fuori?

<Nel processo venne luogo a Bari perché i magistrati della Cassazione stabilirono che non vi erano le possibilità di far svolgere un sereno giudizio presso la Corte d’Assise di Cosenza, dove il procedimento si era già sviluppato in un primo momento. Anche lì il procedimento ebbe l’esito non soddisfacente, nel senso che la verità non fu mai appurata completamente. Io non è che non abbia mai pensato che la via giudiziaria potesse restituire a me, e ai miei familiari, quello che avevamo perduto. Non era questo. Si è cercato semplicemente, partecipando anche a quel processo, di riattivare quei meccanismi di ripristino della legalità e in quel territorio era sicuramente compromessi. Questo risultato purtroppo non è stato giunto>

  Nel luogo dell’agguato ancora oggi non c’è una targa…

 <Nella statale18 tra Cetraro e Fuscaldo, il tragitto che faceva papà, ogni volta che percorro in quella via, mi soffermo a guardare sui bordi della strada dove papà cercò rifugio dopo essere stato attinto dai primi colpi di arma da fuoco. Vado a cercare quello che non ci può essere in ogni caso anch’io. Per tutte le vittime della mafia sarebbe forse il caso ritornare al punto dove sono avvenuti questi fatti tragici. Certo mi rendo conto che in una città come Cetraro ci sono stati 13 omicidi, sarebbe disseminato da pietre di inciampo di questo tipo>.

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