Regionali, la campana che non ha suonato: promesse, silenzi e ipocrisie di una campagna elettorale dell’assurdo

Corruzione taciuta, clientele ignorate, sanità allo sfascio e bonus a pioggia: i calabresi votano dopo settimane di propaganda, mentre la verità resta fuori dal dibattito

I megafoni si sono spenti. La Calabria domani e lunedì vota, ma resta sospesa una domanda: che cosa non ha detto la campana elettorale? La risposta è semplice: troppo!

Corruzione dimenticata

Corruzione dimenticata

Non ha parlato davvero dell’inchiesta per corruzione che lambisce il presidente uscente, con il suo nome tra i principali indagati. Non si è espressa sul giro di clientele, sui cerchi magici, sull’arcipelago di incarichi e consulenze usati per cementare fedeltà e blindare posizioni. Non ha ammesso che la questione morale, qui, è già stata archiviata, seppellita sotto le chiacchiere di propaganda.

Bollo auto? Non si pagherà

Roberto Occhiuto ha difeso il suo bilancio rivendicando (a volte anche a ragione) opere avviate. Pasquale Tridico ha agitato la bandiera del reddito di dignità. Il centrodestra ha risposto col “merito”. Ma in Calabria, dove il merito si misura più con le tessere che con i curricula, suona come una provocazione. Le ultime bombe sono state lanciate ieri. La prima è stata scagliata da Tridico: non vi faremo pagare il bollo auto perché qui le strade sono scassate e pericolose. Come dire, da domani non si pagheranno le medicine perché la sanità non funziona.

Giovani e padrini

E poi i giovani: tutti li vogliono far tornare. Ma come? Dopo aver sistemato amici e compari, davvero si pensa che un laureato emigrato a Milano o a Londra rinunci al proprio futuro per tornare a vivere sotto padrini e padrinaggi?

Sanità pubblica ma privata

La sanità? Una ferita aperta. Pubblica, sì, a parole. Accanto ai paladini del centrosinistra sfilano candidati che possiedono cliniche private. Destra e sinistra unite negli affari, mentre i calabresi restano senza reparti, senza medici, senza cure. E intanto, come toppa grottesca, sono arrivati i medici da Cuba: un meccanismo che nessuno capirà mai fino in fondo, simbolo di un sistema che non sa più curare se stesso.

Burocrazia intoccabile

C’è poi il presidente Occhiuto, che ha raccontato di essersi dimesso non per sfidare la magistratura o piegare l’opinione pubblica con il consenso elettorale, ma perché ostacolato dalla burocrazia del palazzo. Un racconto suggestivo, certo. Ma guarda caso, in campagna elettorale, di quella stessa burocrazia – il vero cancro della pubblica amministrazione – non ha parlato affatto. Il tema è sparito, come se fosse un dettaglio.

Assessori e supplenti

E mentre i cittadini annaspano, la politica si concentra su se stessa. Occhiuto annuncia nove assessori e una maggioranza che ragiona sulla figura del consigliere supplente: un autentico “sciala popolo”, un privilegio di palazzo. La cosa ancora più grave è che né maggioranza né opposizione hanno avuto il coraggio di censurare questa scelta. Al contrario, l’hanno condivisa, come sempre, a spese dei calabresi.

Le opere avviate

Nel frattempo, la campagna elettorale ha fatto passerella anche su altri grandi temi: l’Alta velocità, il Ponte sullo Stretto, i precari, i posti di lavoro, le riforme mai spiegate, la Statale 106, i tre aeroporti calabresi. Spesso a citare Ryanair come trofeo, ma nessuno a chiarire davvero quali siano le trattative, quali i costi, quali i rischi. Sul turismo, poi, fiumi di parole. E qualcuno, per non farsi mancare nulla, ha persino parlato di mare pulito: come se bastasse un comizio per lavare via anni di inquinamento, disattenzione e mala depurazione.

Lo scalo internazionale del voto

E infine, il governo. Sceso in campo direttamente, ha trasformato l’aeroporto di Lamezia Terme in un gigantesco scalo elettorale: arrivi e partenze di leader nazionali, sorrisi di circostanza, strette di mano, promesse a orologeria. Una passerella di potere che ha dato lustro ai partiti, ma non ha lasciato nulla ai calabresi. Inconsistente, per certi aspetti, il muro che Francesco Romano (candidato di Democrazia Sovrana e Popolare) ha cercato di alzare. Le proposte e le idee non possono nascere dalla sera alla mattina. Vanno coltivate e rafforzate per convincere i calabresi a crederci. 

Una verità amara

Insomma, è andato in scena il solito gioco delle parti: ciascuno con la propria parte da recitare, ciascuno con il suo copione in mano. E il palcoscenico? Sempre lo stesso: quello dell’ipocrisia. Alla fine, resta una verità amara: la campana elettorale ha suonato, sì, ma non per i calabresi. Per loro, ancora una volta,

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