Rifiuti ovunque, leggi più dure ma pochi controlli: serve una svolta

L’avvocato Angelo Calzone lancia un appello alle istituzioni affinché il fenomeno venga affrontato con la stessa determinazione riservata ad altri reati gravi

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Angelo Calzone, avvocato, esperto di diritto ambientale e già delegato regionale del WWF Italia

Da qualche settimana alcune strade provinciali di accesso alla città sono state ripulite dal Comune di Vibo Valentia in accordo con l’amministrazione provinciale (non mi risulta la stessa cosa sia avvenuta con Anas) dai rifiuti abbandonati ai margini delle stesse, dove giacevano, facendo bella mostra di sé. Dopo qualche giorno, qualche recidivo avventore ha inteso proseguire nella sua condotta criminosa (che ha riflessi non solo di carattere estetico ma di inquinamento ambientale e di danno alla salute umana), tornando a sporcare i luoghi da poco ripuliti. È evidente, dunque, che l’aver “bonificato” le banchine stradali e l’aver reso gradevole agli occhi lo spettacolo di una strada o di una scarpata pulita non hanno prodotto alcuna remora nella pervicace determinazione dei soliti “criminali”. Uso consapevolmente tale appellativo perché già da qualche tempo l’abbandono di rifiuti costituisce una fattispecie di reato.

Da qualche settimana alcune strade provinciali di accesso alla città sono state ripulite dal Comune di Vibo Valentia in accordo con l’amministrazione provinciale (non mi risulta la stessa cosa sia avvenuta con Anas) dai rifiuti abbandonati ai margini delle stesse, dove giacevano, facendo bella mostra di sé. Dopo qualche giorno, qualche recidivo avventore ha inteso proseguire nella sua condotta criminosa (che ha riflessi non solo di carattere estetico ma di inquinamento ambientale e di danno alla salute umana), tornando a sporcare i luoghi da poco ripuliti. È evidente, dunque, che l’aver “bonificato” le banchine stradali e l’aver reso gradevole agli occhi lo spettacolo di una strada o di una scarpata pulita non hanno prodotto alcuna remora nella pervicace determinazione dei soliti “criminali”. Uso consapevolmente tale appellativo perché già da qualche tempo l’abbandono di rifiuti costituisce una fattispecie di reato.

Un crimine, per l’appunto, che una recente riforma ha provveduto ad aggravare dal punto di vista sanzionatorio, ma che rischia di rimanere, come al solito, sulla carta con effetti meramente propagandistici ma senza concrete conseguenze sulla realtà quotidiana.

Articolo rafforzato

Invero, con il decreto n. 116/2025 l’art. 255 del Testo Unico Ambientale viene riscritto e rafforzato: chiunque “abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee” è tassativamente sanzionato con un’ammenda compresa tra €1.500 e €18.000; quando l’abbandono o il deposito vengono effettuati mediante l’utilizzo di veicoli a motore, al conducente del veicolo si applica, altresì, la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da uno a quattro mesi, secondo le disposizioni di cui al Titolo VI, Capo II, Sezione II del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Nei confronti dei titolari di imprese e dei responsabili di enti, la norma prevede (255, comma 1.1), salvo che il fatto costituisca reato più grave, arresto da sei mesi a due anni o ammenda da €3.000 a €27.000. È inserita, inoltre, una sanzione amministrativa per rifiuti di prodotti da fumo e di piccolissime dimensioni.

L’art. 255, comma 1-bis, prevede che fuori dai casi di cui all’articolo 15, comma 1, lettera f-bis), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (insozzare la strada o le sue pertinenze gettando rifiuti o oggetti dai veicoli in sosta o in movimento), quando l’abbandono o il deposito riguarda rifiuti ai sensi degli articoli 232-bis (rifiuti di prodotti da fumo) e 232-ter (divieto di abbandono di rifiuti di piccolissime dimensioni) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 80 euro a 320 euro.

Come si accerta

L’accertamento può avvenire — anche senza contestazione immediata — tramite immagini di videosorveglianza installate nei centri abitati, con competenza del sindaco per l’irrogazione di sanzioni amministrative correlate. L’art. 255, comma 1-ter, prevede difatti che l’accertamento delle violazioni di cui al comma 1-bis può avvenire senza contestazione immediata attraverso le immagini riprese dagli impianti di videosorveglianza posti fuori o all’interno dei centri abitati. Il sindaco del Comune in cui è commessa la violazione di cui al comma 1-bis è competente all’applicazione della correlata sanzione amministrativa pecuniaria.

Nuova fattispecie

Prevista infine una nuova fattispecie delittuosa: abbandono di rifiuti non pericolosi in casi particolari (art. 255-bis). L’art. 255-bis introduce infatti: l’abbandono o il deposito di rifiuti non pericolosi diventa reato quando il fatto determina pericolo per la vita o per l’incolumità, o pericolo di compromissione di acque, aria, suolo, ecosistemi o biodiversità, oppure è commesso in siti potenzialmente contaminati o sulle strade di accesso a tali siti. La pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 5 anni, con pene più severe per i titolari d’impresa (da 9 mesi a 5 anni e 6 mesi). Inoltre, se la condotta è realizzata con veicolo, è prevista la sospensione della patente da 2 a 6 mesi.

A differenza dell’art. 255 “base”, l’art. 255-bis colpisce condotte che, pur riguardando rifiuti non pericolosi, hanno un potenziale impatto sistemico o territoriale. È la risposta normativa ai fenomeni diffusi di abbandoni massivi in zone agricole, aree di cantiere o strade di accesso a siti sensibili: in questi casi la legge dà priorità alla tutela ambientale collettiva rispetto alla valutazione individuale della gravità.

Rifiuti pericolosi

Un capitolo a parte merita l’abbandono di rifiuti pericolosi (art. 255-ter). L’articolo 255-ter delinea, infatti, il reato di abbandono di rifiuti pericolosi, stabilendo pene severe per chi viola specifiche disposizioni in materia ambientale. In particolare, punisce con la reclusione da uno a cinque anni chi abbandona o deposita rifiuti pericolosi, oppure li scarica nelle acque superficiali o sotterranee. Le pene aumentano (da un anno e sei mesi a sei anni) quando l’atto comporta pericolo per la vita, l’incolumità delle persone o per l’ambiente, compromettendo acqua, aria, suolo, sottosuolo, ecosistemi, biodiversità, flora o fauna, oppure quando avviene in siti contaminati o potenzialmente contaminati e nelle aree di accesso ad essi.
I titolari di imprese e i responsabili di enti che commettono tali condotte sono soggetti a pene più alte, fino a cinque anni e sei mesi di reclusione, e, nei casi aggravati, fino a sei anni e sei mesi.

Serve un cambio di passo

Tutto questo, però, rischia di rimanere, come si diceva all’inizio, una vuota riforma in assenza di un mutamento di paradigma circa il modo di concepire e affrontare la problematica dell’abbandono dei rifiuti da parte di tutte quelle istituzioni (Procura della Repubblica, Prefettura, Questura, Carabinieri, Guardia costiera, Guardia di Finanza, enti locali), preposte alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini. Si tratta, come abbiamo visto, di ipotesi di reato (in alcuni casi di delitti) molto gravi che meritano un’azione di contrasto decisa e costante da parte delle forze dell’ordine, alla stessa stregua di altre ipotesi criminose, ritenute, a volte a torto, destanti più allarme sociale.

L’abbandono di rifiuti, che produce gravissimi danni all’ambiente (inteso come insieme di ecosistemi), alla salute umana (la plastica abbandonata, per esempio, è ormai presente in tutta la catena trofica fino all’uomo, con conseguenze irreparabili) e all’economia (si pensi ai riflessi sulla balneazione dei fenomeni di inquinamento marino dovuto agli sversamenti illeciti di rifiuti liquidi), non va affatto sottovalutato e deve essere, in altre parole, affrontato e trattato da chi di dovere come una questione di ordine pubblico e sicurezza pubblica, destinando ad essa, una volta per tutte, mezzi e risorse di personale che consentano un reale controllo del territorio e un’efficace repressione delle condotte criminose.

Solo così (l’azione educativa e di prevenzione da sola non riesce ad essere decisiva) si può tentare di arginare il problema, evitando la frustrazione di amministratori e cittadini che vedono le proprie azioni, sempre più meritorie, di pulizia e di decoro urbano, vanificate dai comportamenti rozzi e criminali di pochi.

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