C’è una Calabria che continua a essere trattata come un problema da contenere e non come un territorio da risanare. È la Calabria sanitaria delle aree deboli, delle province piccole, di quei territori che da anni scontano una carenza strutturale di servizi, personale e capacità organizzativa. Tra queste, Vibo Valentia rappresenta ormai un caso emblematico, se non simbolico, di sperequazione sistemica.
Il decreto del commissario ad acta n. 315 del 5 dicembre 2025, che avrebbe dovuto rappresentare un passo avanti verso un riequilibrio del fabbisogno di personale nel Servizio sanitario regionale, finisce invece per cristallizzare – ancora una volta – una distribuzione delle risorse che penalizza in modo evidente l’ASP di Vibo Valentia rispetto alle altre aziende sanitarie provinciali.
Il decreto del commissario ad acta n. 315 del 5 dicembre 2025, che avrebbe dovuto rappresentare un passo avanti verso un riequilibrio del fabbisogno di personale nel Servizio sanitario regionale, finisce invece per cristallizzare – ancora una volta – una distribuzione delle risorse che penalizza in modo evidente l’ASP di Vibo Valentia rispetto alle altre aziende sanitarie provinciali.
I piani di fabbisogno
I numeri, questa volta, parlano da soli. Secondo i piani di fabbisogno elaborati sulla base della metodologia regionale (Dca 192/2019 e successive modifiche) e confrontati con le dotazioni organiche effettive rilevabili nei Piao aziendali, l’Asp di Vibo Valentia presenta un gap strutturale stimato in circa 440 unità di personale, di cui oltre 110 medici, circa 190 infermieri e non meno di 140 operatori socio-sanitari. Si tratta di una carenza che incide direttamente sulla capacità di garantire i Livelli Essenziali di Assistenza, sia in ambito ospedaliero che territoriale.
Sproporzioni ancora rilevanti
Eppure, a fronte di questo divario, il Dca 315 assegna all’Asp di Vibo Valentia un’integrazione di risorse pari a 687.819 euro annui, una cifra che, rapportata al gap complessivo, equivale a poco più di 1.560 euro per ogni unità di personale mancante. Un valore che non consente neppure lontanamente di colmare il fabbisogno reale. Il confronto con le altre Asp calabresi rende la sproporzione ancora più evidente. L’Asp di Cosenza, con un gap stimato più elevato ma anche con una struttura organizzativa e produttiva incomparabilmente più ampia, riceve oltre 2,2 milioni di euro; Reggio Calabria 1,77 milioni; Catanzaro 1,19 milioni. Anche Crotone, con dimensioni simili a Vibo, ottiene un finanziamento che, in rapporto al proprio fabbisogno, risulta più coerente. Vibo Valentia, invece, resta sistematicamente sottofinanziata, come se la sua fragilità fosse una colpa e non una priorità da affrontare.
Scelta politica discriminante
Questa disparità non è solo contabile. È una scelta politica, o meglio l’assenza di una scelta politica chiara. Perché quando le risorse vengono distribuite senza un vero correttivo territoriale, senza tenere conto dell’impoverimento progressivo dei Leps sanitari, senza considerare la difficoltà cronica di attrarre professionisti in aree marginali, il risultato è sempre lo stesso: chi è già debole diventa più debole. A Vibo Valentia la carenza di personale non è più un’emergenza, è una condizione strutturale. Reparti che funzionano a ranghi ridotti, turnazioni al limite della sostenibilità, liste d’attesa che si allungano, servizi territoriali che faticano a decollare nonostante il Dm 77 e le risorse del Pnrr. In questo contesto, parlare di “equità di riparto” senza introdurre un fattore di riequilibrio reale appare francamente insufficiente.
Area parcheggio e nomine politiche
Serve un cambio di paradigma. Serve riconoscere che Vibo Valentia non può continuare a essere trattata come un’area di parcheggio di nomine politiche o istituzionali, spesso prive di una reale visione sanitaria e gestionale. La sanità non si governa per appartenenza, ma per competenza. E oggi più che mai Vibo ha bisogno di una tecnostruttura forte, credibile, autorevole: un direttore generale, un direttore sanitario e un direttore amministrativo scelti per capacità professionali e relazionali, non per equilibri esterni.
Necessario un Piano Marshall
Senza questa discontinuità, ogni decreto rischia di essere solo un palliativo. Per Vibo Valentia non bastano aggiustamenti marginali: serve un vero Piano Marshall sanitario, che parta dal rafforzamento delle dotazioni organiche, dal rilancio dei servizi territoriali, dalla messa in sicurezza dei Lea e dalla restituzione di fiducia a una comunità che da troppo tempo vive la sanità come un diritto dimezzato. Continuare così significa accettare che esistano cittadini di serie A e di serie B. E questa, in uno Stato che si definisce solidale e universalistico, non può essere una scelta accettabile.


