A San Luca non c’è pace. Non c’è mai stata, a dire il vero, ma quest’anno la beffa è completa: nemmeno la Madonna della Montagna riesce a farsi strada fino al cuore della comunità. La festa di Polsi che si celebra dal 31 agosto al 2 settembre, che ogni anno richiama migliaia di fedeli, turisti e curiosi, è stata vietata dalla Prefettura di Reggio Calabria. Motivazione ufficiale: inagibilità del santuario (avvolto da ponteggi e lavori) e strada pericolosa e impraticabile.
Una via crucis
Una via crucis
E fin qui, si potrebbe pensare a un sacrificio temporaneo. Ma la vera “via crucis” è quella che porta a Polsi: una strada che definire dissestata è un eufemismo. Buche come crateri lunari, frane dimenticate, curve pericolose e asfalto sbriciolato da decenni di promesse mai mantenute. Impraticabile per chiunque non sia un fuoristrada o un mulo – e forse neppure per quelli. Il risultato: la Madonna prigioniera tra le montagne, ostaggio di cantieri infiniti e di un abbandono cronico che dura da generazioni.

Il vescovo Oliva
Il vescovo Francesco Oliva ha proposto di “spostare” la celebrazione principale nello stadio di Locri. Una soluzione logistica, certo, ma percepita da molti come uno strappo intollerabile: trasformare un rito secolare nato tra le pietre dell’Aspromonte in una messa su erba sintetica. Per una comunità che vive questa festa come identità e memoria collettiva, è sembrato quasi un esilio. La reazione non si è fatta attendere: indignazione, rabbia, senso di umiliazione.
Tra piombo e fede
Perché a San Luca, tra il piombo delle faide e gli anni di commissariamenti, perfino la Madonna è sempre stata un punto fermo. Un’ancora. Quest’anno invece, niente processione, niente canti, niente volti illuminati dal passaggio della statua. Solo l’immagine surreale di una patrona costretta a restare lontana, come se anche lei avesse deciso che, per un po’, è meglio tenersi alla larga.

Un collasso profondo
Questa non è solo una questione di fede. È il sintomo di un collasso più profondo: se per decenni nessuno è stato capace di garantire una strada percorribile verso il santuario più noto della Calabria, e se oggi si accetta senza battere ciglio che il cuore di una comunità venga dirottato in uno stadio a chilometri di distanza, allora lo sfascio non è un incidente, ma un metodo.
Il verdetto dell’Aspromonte
La Prefettura ha parlato di sicurezza, il vescovo Francesco Oliva e il commissario Antonio Reppucci di “prudenza”, di “comprensione”, “buon senso”. Ma qui, sulle cime dell’Aspromonte, suona come un verdetto: nemmeno la Madonna può scendere in paese. E a San Luca, tra le montagne ferite e strade cancellate, la distanza tra cielo e terra non è mai stata così grande.