Un conto è se Cortina d’Ampezzo chiede di passare dalla regione Veneto alla provincia di Trento, un altro conto è se il comune di Serra San Bruno chiede di passare dalla provincia di Vibo Valentia a quella di Catanzaro. Nel primo caso siamo di fronte alla richiesta di un comune ricco di suo, che vuole passare da una regione altrettanto ricca, come il Veneto, a una regione/provincia ancora più ricca, il Trentino, grazie alla sua autonomia.
Territori disperati
Territori disperati
Nel secondo caso siamo di fronte alla richiesta di un sindaco che vuole passare da una provincia disperata, come quella di Vibo Valentia, a un’altra provincia anch’essa disperata, come quella di Catanzaro. Le province non sono messe bene, e non da oggi: sono state svuotate di compiti e funzioni, a tutto vantaggio delle ricchissime regioni che fanno ciò che più gli aggrada. La discussione aperta dal sindaco di Serra San Bruno, a prescindere dalla buona fede, sembra una disputa fuor di luogo, senza alcun senso né storico, né economico, né culturale.
Affermare che Serra San Bruno appartiene storicamente a Catanzaro è del tutto infondato. La Certosa fu fondata da Brunone su un terreno concesso nel 1091 da Ruggero I d’Altavilla, che vedeva Mileto come capitale del regno dei Normanni. Quindi, storicamente, tutte le Serre hanno sempre orbitato nel Vibonese.
Il teorema delle distanze
A suo tempo, quando il senatore Antonio Murmura si batté per la costituzione della provincia, non ricordo che ci furono manifestazioni di popolo da nessuna parte della provincia contro l’annessione forzata. Serra San Bruno orbita anche geograficamente su Vibo Valentia, da cui dista circa 30 km, mentre Catanzaro ne dista 70, con o senza trasversale, che nasce per unire la costa tirrenica e Vibo con Serra San Bruno e poi fu estesa fino a Soverato. E i ritardi accumulati nel finire l’opera ci sono su entrambi i versanti, prova dell’insipienza di una classe dirigente che riguarda tutti i versanti, tutti i partiti e tutte le amministrazioni.
Una richiesta elettorale
Il sindaco di Serra San Bruno solo oggi si ricorda che, nel 2020, quando fu eletto, il suo programma prevedeva questa richiesta.
E la petizione popolare del 2018 raccolse 4 mila firme, di cui 2 mila a Serra. Sta di fatto che ci si ricorda della cosa dopo oltre cinque anni dalle ultime elezioni comunali e a pochi mesi dalle nuove elezioni. Non sarà così, ma questa richiesta ha tutto un sapore elettoralistico, che si basa su un malumore che giustamente serpeggia tra le popolazioni delle zone interne della Calabria. Non si capisce se poi, in Forza Italia Calabria, dopo aver fatto fuori tutti gli eletti al Consiglio regionale della provincia, si pensi adesso di smembrare anche il territorio. Guai ai vinti. Anche se, pure su questo punto, non è che Catanzaro possa ridere, visto che non c’è traccia di un assessore di Forza Italia nella giunta regionale.
Solo discussioni astruse
Ancora una volta ci si cimenta in discussioni astruse. Lo spopolamento di interi paesi, borghi, città purtroppo non riguarda solo Serra San Bruno, ma l’intera Calabria. Se Serra San Bruno, o Brognaturo o Fabrizia, piangono, di certo Chiaravalle o Torre Ruggero non ridono. Se la provincia di Vibo Valentia piange, quella di Catanzaro non gongola, così come Reggio, Crotone e Cosenza.
Una guerra tra ultimi
Il problema della Calabria riguarda le politiche messe in atto dalla Regione e dal governo nazionale, che hanno di fatto previsto lo spopolamento delle nostre zone interne. Nonostante ciò, il popolo calabrese ha ridato fiducia al centrodestra e a Roberto Occhiuto. Forse, invece di proposte che possono portare solo a divisioni e a polemiche sterili tra gli ultimi, sarebbe meglio che gli amministratori si impegnassero a denunciare i ritardi nell’attuazione dei progetti del PNRR in tutti i settori: a partire dalle Case di cura e dagli ospedali territoriali nella sanità, per arrivare ai finanziamenti previsti per la viabilità interna e per i trasporti. E così via.


