Stop alla casa popolare per chi è condannato per violenza domestica: la proposta di legge di Lo Schiavo

Il consigliere regionale propone la revoca dell’alloggio pubblico agli autori di abusi, garantendo però alle vittime il diritto di restare nell’abitazione

Revocare l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica ai condannati per reati di violenza domestica, senza che le persone conviventi perdano il diritto di abitazione subentrando, anzi, nella titolarità del contratto.

È la finalità della proposta di legge recante: “Modifiche all’art. 32 della Legge Regionale n. 32/1996 ‘Disciplina per l’assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica’”, elaborata dal consigliere regionale Antonio Lo Schiavo, presidente del Gruppo Misto – Liberamente progressisti.

È la finalità della proposta di legge recante: “Modifiche all’art. 32 della Legge Regionale n. 32/1996 ‘Disciplina per l’assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica’”, elaborata dal consigliere regionale Antonio Lo Schiavo, presidente del Gruppo Misto – Liberamente progressisti.

Obiettivi

“La proposta di legge – è scritto nella relazione illustrativa – ha lo scopo di armonizzare ed adeguare l’ordinamento regionale alle disposizioni nazionali vigenti in materia di tutela dei reati consumati in ambito domestico, col fine precipuo di prevedere in maniera chiara ed inequivoca la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica per chi risulti condannato, anche in via non definitiva, per taluni delitti commessi all’interno della famiglia o del nucleo familiare ovvero tra attuali o precedenti coniugi o partner. A tale fine, si propone dunque la modifica dell’articolo 32 (Subentro nella domanda e nell’assegnazione) della Legge Regionale n. 32/1996 ‘Disciplina per l’assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica’, introducendo un comma aggiuntivo, il ‘2-bis’ che recepisce le modifiche alle disposizioni nazionali vigenti di cui all’art. 3 bis del d.l. 14 agosto 2013 n. 93, convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013 n. 119, recante ‘Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere’, che ha introdotto la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica per gli autori di delitti di violenza domestica”.

I motivi

Le ragioni che giustificano l’intervento normativo, è spiegato, “ho si fondano sull’osservazione dei crescenti fenomeni di violenza domestica, di cui le cronache nazionali purtroppo testimoniano le vicende giudiziarie e stimolano l’esigenza di rendere operanti, anche a livello regionale, quel primigenio gruppo di misure urgenti adottate con il citato decreto-legge, volto ad inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di atti di violenza contro le donne e ogni altra vittima di violenza domestica, nonché a introdurre misure di prevenzione finalizzate alla tutela anticipata delle vittime potenziali di tali condotte. In tale quadro la presente proposta di legge è volta ad evitare che di un alloggio di proprietà pubblica – acquistato o costruito con denaro pubblico e destinato a fini di pubblico interesse – possa farsi un uso contrario alla legge, destinando l’immobile a scopi illeciti, consistenti nel compimento di condotte reiterate, abituali, ai danni di persone e connotate da violenza, umiliazione, minaccia e sopraffazione fisica e morale, sovvertendone in tal modo la natura, tramutandolo sostanzialmente in un luogo di reclusione ove infierire a danno dei conviventi. Non può, difatti, accettarsi che chi è vittima di un reato di violenza domestica, come moglie o figli minori, debba spesso essere allontanato per venire protetto in un’apposita struttura di accoglienza e/o assistenziale, con costi inevitabili a carico degli enti locali, mentre l’autore delle violenze, ove già condannato, anche se non in via definitiva, per il reato possa continuare a usufruire dell’alloggio pubblico”.

La clausola di invarianza finanziaria

Nello specifico, si propone l’integrazione dell’articolo 32 della legge regionale 32/1996, dopo il comma 2, con il comma 2-bis, che recita: “In caso di condanna, anche non definitiva, o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale per i reati, consumati o tentati, di cui agli articoli 387 bis, 558-bis, 564, 572, 575, 578, 582, 583, 583-quinquies, 584, 605, 609-bis, 609-ter, 609-quinquies, 609-sexies e 609-octies, 612 ter del codice penale, commessi all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio, da unione civile o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto della coabitazione, anche in passato, con la vittima, il condannato assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica decade dalla relativa assegnazione. In tal caso le altre persone conviventi non perdono il diritto di abitazione e subentrano nella titolarità del contratto. Il subentro opera, altresì, qualora l’assegnatario sia destinatario del provvedimento di allontanamento dalla casa familiare di cui all’articolo 282-bis del codice di procedura penale”. La legge contempla la clausola di invarianza finanziaria, non generando nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale.

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