Truffa aggravata, assolta la moglie del boss Antonio Mancuso

Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna di Maria Cicerone a due anni e sei mesi di reclusione, ma il giudice ha accolto la tesi difensiva

Il Tribunale di Vibo Valentia ha assolto con formula piena Maria Cicerone, moglie del presunto boss di ‘ndrangheta Antonio Mancuso, dall’accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Alla donna veniva contestato di essersi procurata un ingiusto profitto, attraverso presunti artifizi e raggiri, nella presentazione di domande di finanziamento all’Arcea, l’Agenzia della Regione Calabria per le erogazioni in agricoltura, e alla stessa Regione Calabria per gli anni 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018, ottenendo oltre ventimila euro.

La richiesta del pm

La richiesta del pm

Secondo l’accusa contestatale dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia, Maria Cicerone, titolare dell’omonima ditta individuale, avrebbe allegato alle domande di finanziamento due contratti di locazione ritenuti fittizi e recanti firme false, attestando così l’esistenza dei requisiti necessari per accedere ai benefici economici previsti. La difesa di Maria Cicerone, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Di Renzo, ha contestato le accuse mosse alla donna, dimostrando l’insussistenza di qualsiasi artificio o raggiro. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna di Maria Cicerone a due anni e sei mesi di reclusione, ma il giudice ha accolto la tesi difensiva, assolvendo la moglie di Mancuso “perché il fatto non costituisce reato”.

Una decisione che, secondo quanto ha affermato l’avvocato Di Renzo, “restituisce dignità e verità ad una vicenda che non avrebbe mai dovuto approdare in un’aula di giustizia”. (Ansa)

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