Il turismo enogastronomico si conferma uno dei motori più vivaci dell’industria turistica italiana, con un valore che supera i 40 miliardi di euro e un impatto diretto sull’occupazione e sulla distribuzione del reddito. Eppure, nonostante i numeri, il settore resta frenato da un tallone d’Achille evidente: la carenza di figure professionali specializzate.
Una sfida da vincere
Una sfida da vincere
Per affrontare questa sfida, nei giorni scorsi a Roma è stato presentato il Libro Bianco sulle professioni del turismo enogastronomico, promosso da Associazione Italiana Turismo Enogastronomico (Aite) insieme a UnionCamere, Confartigianato Turismo, Città dell’Olio, Città del Vino, Cna Turismo, Coldiretti, Consulta Nazionale Distretti del Cibo, Strade del Vino e dell’Olio, Unione Italiana Vini e con il contributo dell’Università di Bergamo.
Nuovi strumenti operativi
Un documento che non si limita alla fotografia dello stato dell’arte, ma propone strumenti operativi per orientare la formazione e le politiche pubbliche, riconoscendo al comparto una valenza non solo economica, ma anche culturale e identitaria. Cinque le figure professionali chiave individuate per il futuro del settore: Product manager per il turismo enogastronomico – strategico nelle Dmo e nei consorzi, coordina l’offerta integrata e le sinergie tra imprese, seguendo l’intero percorso del cliente; hospitality manager – guida la gestione dei servizi turistici nelle aziende agricole e vitivinicole, dal marketing alla vendita. L’82% delle imprese prevede per questa figura un ruolo in crescita; consulente di turismo enogastronomico – esperto di CRM, revenue management e promozione multicanale;curatore di esperienze enogastronomiche – organizza attività legate ai periodi produttivi e itinerari tematici, valorizzando prodotti e tradizioni; addetto alle visite – presente nelle aziende più strutturate, affianca l’hospitality manager nell’accoglienza.
“Caratterizzare e valorizzare queste professioni significa attivare percorsi formativi mirati e generare nuove opportunità occupazionali – sottolinea Salvatore Ascioti, presidente regionale di Confartigianato Imprese Calabria -. Le imprese, a seconda della loro dimensione, prevedono assunzioni future tra il 33% e il 71%”.
Trainante l’artigianato
Il modello produttivo artigiano è già oggi un pilastro: oltre 186mila imprese legate al turismo in Italia con più di mezzo milione di addetti, e 64.400 aziende agroalimentari con 249mila lavoratori. Una rete radicata nei territori, capace di parlare al mondo. In Calabria, questa è un’occasione che non si può sprecare. Il turismo enogastronomico non è solo un settore di nicchia: è una leva strategica di sviluppo, un volano per occupazione giovanile, innovazione e internazionalizzazione. Ma senza competenze qualificate, il rischio è lasciare i 40 miliardi e le opportunità che ne derivano nelle mani di altri territori più pronti. Per chi guiderà la Regione nella prossima legislatura, investire seriamente nella formazione di queste figure non è un’opzione: è una priorità.