Urla, minacce e tensione allo “Jazzolino”: aggressioni verbali mettono sotto pressione la Pediatria

Due episodi in pochi giorni segnalano un clima di tensione crescente. La denuncia del primario Braghò: viviamo in uno stato di continua allerta

Due aggressioni verbali nell’arco di appena quattro giorni all’ospedale “Jazzolino” di Vibo Valentia: un campanello d’allarme che non può essere ignorato. Come riferisce la Gazzetta del Sud, i fatti – fortunatamente senza conseguenze fisiche – si sono verificati nel reparto di Pediatria, un presidio delicatissimo che ogni giorno si misura con piccoli pazienti, genitori ansiosi e carenze strutturali ormai croniche.

Vedete cosa fare sennò vi ammazzo

Vedete cosa fare sennò vi ammazzo

Gli episodi sono avvenuti la scorsa settimana. Nel primo caso, un padre ha reagito in modo esplosivo quando la pediatra gli ha chiesto di registrare il bambino in Pronto soccorso prima della visita; nel secondo, un altro genitore ha minacciato medici e infermieri dopo una valutazione iniziale su una adolescente con dolori. “Vedete cosa dovete fare, sennò vi ammazzo”, avrebbe urlato. Situazioni che richiamano alla mente l’aggressione fisica di inizio settembre, quando – sempre secondo la Gazzetta del Sud – una psichiatra fu colpita al poliambulatorio di Moderata Durant.

Il primario del reparto

Il primario del reparto, Salvatore Braghò, già direttore sanitario f.f., parla di “stato di continua tensione” e sottolinea come si tratti di una “stretta minoranza” di genitori, ma con comportamenti che mettono a rischio l’equilibrio del personale sanitario. «Il passaggio dal Pronto soccorso è fondamentale per referti e gestione delle urgenze – spiega Braghò – piaccia o meno, quella è la porta d’ingresso. Senza questo filtro, la valutazione iniziale diventa impossibile”.

Il nodo del Pronto soccorso

A Vibo Valentia non esiste un Pronto soccorso pediatrico dedicato. La gestione avviene con una prima valutazione “alla porta” e, salvo i codici rossi, i piccoli pazienti vengono trasferiti in reparto per ulteriori accertamenti. Questo sistema, seppure funzionale, comporta tempi d’attesa variabili: da pochi minuti fino a un’ora e mezza nei casi meno urgenti. Ma, come evidenzia il primario, “preparazione e risposta dell’équipe medica sono basate su parametri clinici, non sull’ordine di arrivo”.

Un problema culturale

Il problema, dunque, non è soltanto organizzativo ma culturale: un misto di sfiducia, apprensione e pretese di immediatezza che sfocia in atteggiamenti aggressivi. Due episodi in quattro giorni bastano per ricordarci quanto fragile sia il rapporto tra cittadini e servizi sanitari, e quanto urgente sia ripristinare un clima di rispetto reciproco nelle corsie ospedaliere.

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