Vibonese in trincea: la sanità perde pezzi e la Nefrologia rischia il collasso

Tra ospedali svuotati, turni massacranti e concorsi fantasma, la provincia di Vibo Valentia affronta l’ennesima emergenza strutturale. E il peggio, a dicembre, deve ancora arrivare

Nel Vibonese si continua a parlare di sanità come di un’emergenza cronica, ma stavolta la situazione nella Nefrologia ha assunto i contorni di una vera bomba a orologeria. Non è catastrofismo: i numeri raccontano una realtà nuda e cruda. Un caso che viene rilanciato stamane da Gazzetta del Sud in un articolo a firma di Maria Novella Imeneo; una vicenda che ha fatto il giro degli ambienti sanitari come una sorta di referto collettivo su un sistema che non regge più.

Lo Jazzolino, unico baricentro sanitario

Lo Jazzolino, unico baricentro sanitario

Allo “Jazzolino” di Vibo Valentia – l’unico vero baricentro sanitario rimasto nella provincia – i nefrologi sono sei. A Tropea, il reparto sfiora lo zero tecnico: una sola specialista prossima alla maternità e un collega che saluterà il servizio a gennaio, per raggiunti limiti di età. A Nicotera, il centro si regge sulle spalle di un unico nefrologo. A Serra San Bruno va anche peggio: la dialisi non ha alcun medico strutturato e sopravvive grazie a un gettonista. A dicembre, lo sussurrano già tutti nei corridoi, non si capisce come sarà possibile garantire dieci giorni di ferie al personale senza far saltare l’intero sistema. E poi, se qualcuno si ammala, il sistema va in tilt. I pazienti rischiano.

Nefrologia ridotta a lumicino

La fotografia è impietosa: turni doppi, reperibilità continue, organici falcidiati. E un’intera disciplina fondamentale per la sopravvivenza dei pazienti – la Nefrologia – ridotta al lumicino. Il segretario della Cisl Medici di Vibo, Antonio Pugliese, lo dice senza giri di parole: “La Nefrologia non è solo dialisi, è prevenzione, ambulatorio, presa in carico. Così il servizio è a rischio paralisi”.

Da dieci anni senza primario

Ed è proprio quell’assenza di prevenzione che sta producendo un dato drammatico: nel Vibonese c’è 1 dializzato ogni 1050 abitanti, contro la media regionale di 1 ogni 1500. Un primato che nessuno vorrebbe. Lo rileva l’Associazione Emodializzati e Dialisi, ed è un segnale chiarissimo: la malattia si intercetta tardi, troppo tardi. A peggiorare il quadro c’è un altro paradosso che rasenta l’incredibile: i concorsi non ci sono, e il reparto è senza primario dal 2016. La referente c’è, si assume tutte le responsabilità, ma di riconoscimento economico neanche a parlarne. Tre avvisi pubblici emanati, nessuno mai espletato. Un vuoto che pesa e che spaventa, perché senza una guida, senza una strategia, la Nefrologia resta un reparto-orfano, destinato a vivacchiare nell’incertezza.

L’Atto aziendale che penalizza

Pugliese punta anche il dito contro l’Atto aziendale, che di fatto penalizza Tropea e Serra: “Si poteva almeno creare una struttura semplice dipendente dalla Medicina, più attrattiva per i nefrologi”. Invece nulla. Ed ecco lo spettro che molti temono: l’esternalizzazione del servizio. Cisl Medici, Cgil, Uil e l’associazione Aned lo ribadiscono: condizioni così critiche rischiano di aprire le porte ai privati. “Si vuole forse lasciare campo libero, come sta accadendo a Crotone?” si chiede Massimiliano Lo Gatto della Uil Fpl, ricordando il project financing per l’unità di Nefrologia del “San Giovanni di Dio”. Il Nursind è più cauto, ma conferma la serie infinita di problemi irrisolti.

Disservizi e ritardi cronici

Intanto, nei reparti, resta la sensazione di essere stati lasciati soli ancora una volta. Una provincia che ha già pagato carissimo in termini di disservizi, ritardi, depotenziamenti e occasioni mancate ora rischia di perdere un altro pezzo fondamentale della sua sanità pubblica. E allora la domanda è inevitabile: cosa accadrà quando il personale non riuscirà più a coprire i turni? Quando l’ennesimo medico andrà via? Quando il sistema, già in apnea, non potrà più respirare? Perché a forza di definire “emergenza” ciò che dura da decenni, nel Vibonese la sanità si sta trasformando in un campo di battaglia: pochi in trincea, molti feriti, troppi abbandonati. E dicembre è dietro l’angolo.

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