Un mese fa la morte della nostra Vittoria Sicari, giornalista e insegnante. Una Santa Messa è stata celebrata ieri pomeriggio nella chiesa parrocchiale di Longobardi (Vibo Valentia) da don Francesco Sicari, parroco di Ricadi, presenti i familiari e gli amici più vicini. Il sacerdote nella sua omelia non ha mancato di ricordare quella voce autentica e coraggiosa. Una giornalista straordinaria che dedicava il suo lavoro ai più deboli.
La redazione della Gazzetta del Sud a Vibo era la sua casa, il suo punto di riferimento. Bussava a qualsiasi ora del giorno, della sera e qualche volta anche di notte. Proponeva articoli, chiedeva consigli, anticipava storie, tornava di corsa a casa a scrivere. “Aspettano il pezzo domani”, mi diceva, e la “mia” Gazzetta l’aspettava sempre a braccia aperte. Mi ha sempre convinto che le sue storie erano importanti. La sua passione per il giornalismo non era solo una professione, ma una missione di vita. Non cercava la fama né le luci della ribalta (come accade spesso in questo mondo) ma le storie nascoste, quelle di chi vive ai margini della società, spesso ignorato o dimenticato. Attraverso le sue parole, riusciva a far emergere l’umanità nascosta dietro ogni sofferenza.
La redazione della Gazzetta del Sud a Vibo era la sua casa, il suo punto di riferimento. Bussava a qualsiasi ora del giorno, della sera e qualche volta anche di notte. Proponeva articoli, chiedeva consigli, anticipava storie, tornava di corsa a casa a scrivere. “Aspettano il pezzo domani”, mi diceva, e la “mia” Gazzetta l’aspettava sempre a braccia aperte. Mi ha sempre convinto che le sue storie erano importanti. La sua passione per il giornalismo non era solo una professione, ma una missione di vita. Non cercava la fama né le luci della ribalta (come accade spesso in questo mondo) ma le storie nascoste, quelle di chi vive ai margini della società, spesso ignorato o dimenticato. Attraverso le sue parole, riusciva a far emergere l’umanità nascosta dietro ogni sofferenza.
Incontrava la sua gente alla Caritas, alla Casa di Marta, alla Sacra Famiglia, al Duomo di San Leoluca, nelle file davanti agli sportelli degli uffici pubblici o nelle corsie degli ospedali. Persone che vivevano ai margini, nell’ombra, invisibili agli occhi di molti, ma non ai suoi. Per loro Vittoria non era solo una giornalista, era una portavoce. Attraverso i suoi articoli restituiva a molti dignità e speranza.
Si occupava anche con coraggio e determinazione della malasanità, una piaga che affligge il nostro Paese ma soprattutto la Calabria e Vibo Valentia in particolare. Raccoglieva testimonianze, denunciava storture e inefficienze, sempre con l’obiettivo di migliorare il sistema, di sensibilizzare l’opinione pubblica e, soprattutto, di restituire giustizia.
La sua perdita – l’ho già scritto il giorno della sua morte ma non mi stancherò mai di ripeterlo – lascia un vuoto incolmabile nel panorama del giornalismo, (di quello vero, non di quello che “spacca” come dicono quelli che pensano di parlare bene). Il suo esempio resterà un faro sempre acceso per chiunque voglia fare dell’informazione uno strumento di cambiamento e giustizia.