Una vita intera per combattere: la guerra nell’antica Grecia e le armi ritrovate a Hipponion

Al Castello svevo di Vibo Valentia un percorso focalizzato sulla bellicosità greca, partendo dai reperti in mostra

Sorprende come manciate di terra abbiano la capacità di guidare gli studi per sondare abitudini e culture di civiltà ormai defunte. Con l’archeologia ritorniamo padrone e padroni di un passato che ci appartiene solo se conosciuto.

Marianeve Vallone, giovane archeologa locale che ama spendersi per la valorizzazione del patrimonio insistente nel nostro territorio, ha tenuto domenica 1 settembre una visita guidata gratuita dal titolo ‘Le armi di Scrimbia. Guerre e opliti a Hipponion e nel mondo greco’ presso il Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia, una delle molteplici attività proposte in occasione della ‘Domenica al museo’ – iniziativa nazionale del Ministero della Cultura – .

Marianeve Vallone, giovane archeologa locale che ama spendersi per la valorizzazione del patrimonio insistente nel nostro territorio, ha tenuto domenica 1 settembre una visita guidata gratuita dal titolo ‘Le armi di Scrimbia. Guerre e opliti a Hipponion e nel mondo greco’ presso il Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia, una delle molteplici attività proposte in occasione della ‘Domenica al museo’ – iniziativa nazionale del Ministero della Cultura – .

Nell’Iliade, la prima monumentale opera ellenica, riscontriamo i caratteri fondanti del mondo greco, tutto ruotante attorno alla guerra. Per secoli i Greci hanno combattuto fra loro o contro altri: sangue del proprio sangue sparso per terra e per mare, e corpi esanimi segno di vittoria nelle lande straniere. La vita era dura come mai potremmo oggi immaginare, non riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena si traduceva in necessità di violenza per difendere la comunità. Dal poema omerico i Greci traevano la convinzione di essere i migliori combattenti in assoluto, ineguagliabili dagli incivili “barbari”, e nella guerra vedevano il terreno precipuo per misurare le virtù del cittadino. In città, anzi, era la norma non accorgersi di eventuali guerre in corso fuori dalle mura; la vita quotidiana procedeva senza colpo ferire, magari andando a teatro o disquisendo pubblicamente in piazza, e le atrocità rimanevano confinate oltre i confini.

L’oplita era il soldato per eccellenza, un fante dotato di un ingente armamento difensivo e di più modeste armi offensive. Non necessariamente, come spesso si pensa, questo era obbligato a intervenire in una formazione serrata, strettamente affiancato ai colleghi di falange. Chi aveva più disponibilità economica poteva permettersi un cavallo da cavalcare e una panoplia di tutto punto, per combattere in solitaria scendendo dal destriero. Non vi erano all’epoca i requisiti per addestrare migliaia di uomini da far agire di concerto o per imbastire una gerarchia militare ben strutturata: si era dilettanti, chi più bravo e chi un po’ meno. E se un’armatura non si poteva predisporre, rozze armi di attacco andavano più che bene. Tutto faceva brodo, purché si vincesse.

Nell’area sacra della località Scrimbia, nella magnogreca Hipponion, un gran numero di armature in bronzo è stato rinvenuto, tutte pertinenti a parti di corazza. Dieci elmi ricomponibili, dalla fattura afferente a varie tipologie, che presentano paraguance di cui si ammirano decorazioni diversificate. Se ne nota uno particolarmente raffinato, forse talmente tanto da non poter essere usato in battaglia: oggetto da parata o dono votivo? La società hipponiate accoglieva infatti un’aristocrazia felice di manifestare il ruolo dominante che esercitava. Sui lati della calotta sono evidenti due tritoni incisi; inoltre due felini sbranano un cervo sopra la fonte, un leone e un cinghiale compaiono nei pressi degli spazi per le orecchie, due cavalli fanno mostra di sé ancora sui lati della calotta e i paraguance sono a testa di ariete rivestite di lamina d’oro.

Pregiatissime le sottili lamine di bronzo, figurate con mostri mitologici e zampe di felino, che erano posizionate sulle parti centrali degli scudi, pervenuti in frammenti e difficilmente ricomponibili.

La guida non si è limitata a illustrare la sala contenente i reperti selezionati per la visita tematica, ma ha accompagnato le appassionate e gli appassionati venuti apposta lungo l’intero percorso espositivo del Castello svevo, eccezionalmente aperto in una suggestiva atmosfera serale.

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