Oggi è il giorno della memoria che cade nell’anniversario della liberazione da parte dell’Armata Rossa del campo di concentramento di Auschwitz. Anche in Calabria abbiamo la testimonianza di un luogo che ricorda una delle pagine più atroci dell’umanità, il campo di concentramento di Tarsia.
Il campo di Tarsia
Il campo di Tarsia
Il campo di Tarsia non era un campo di sterminio, ma certamente fu un luogo di reclusione dovuto all’ odio verso chi pensiamo diversi da noi. Il campo di Tarsia fu liberato prima il 14 settembre 1943 dall’ VIII armata britannica. Gli inglesi furono accolti dalle grida “Amici! Siamo amici!”, urlavano i pochi internati rimasti nella struttura: anziani, ammalati, e un gruppo di giovani rimasti ad accudirli e proteggerli.
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Tutto nasce con le leggi razziali dell’autunno del 1938 che stabilivano tra l’altro l’espulsione di tutti gli ebrei stranieri dal suolo italiano entro sei mesi e veniva revocata la cittadinanza italiana agli ebrei a cui era stata concessa dopo il 1° gennaio 1919. In questo modo centinaia di cittadini italiani dalla sera alla mattina divennero apolidi, senza alcuna cittadinanza. Con l’entrata in guerra del 10 giugno 1940 gli ebrei profughi e apolidi vennero considerati come nemici dell’Italia. Nel settembre 1940 viene emanato un nuovo decreto del duce che stabilisce che tutti i sudditi nemici potevano essere raggruppati in speciali campi di concentramento. Nel sud furono aperti diversi campi di concentramento situati in palazzi, edifici pubblici, scuole, caserme. L’unico vero campo di concentramento di nuova costruzione fu quello di Ferramonti.
Intellettuali e professionisti
Molti dei reclusi erano personaggi di primo piano, intellettuali, professionisti che eccellevano nel loro campo, artisti, musicisti. Se Tarsia divenne un luogo di convivenza, non fu perché il fascismo era buono, tutt’altro, ma solo grazie al suo direttore. “Questo miracolo della tolleranza e della compassione umana fu sicuramente creato dal suo direttore Paolo Salvatore”, scrive l’associazione Gariwo, Gardens of the Righteous Worldwide. Nel campo che rimaneva sempre un luogo di reclusione e di privazione della libertà solo perché si era ebrei, slavi, zingari, comunisti, si creò una solidarietà e un aiuto tra carcerieri,internati, e popolazione esterna.
Il genocidio
Oggi non si può non legare i fatti di allora, il genocidio degli ebrei, allo sterminio di palestinesi perpetrato dal governo israeliano in questi mesi. Le immagini del popolo palestinese che marcia per ritornare nel nord di Gaza si sovrappone a quelle dei superstiti che escono dai campi di sterminio.
La vicenda di Ferramonti può essere ancora d’insegnamento. Lì, in una situazione terribile, in un campo di concentramento, in una zona malarica, dove tutto avrebbe giustificato odio e violenza, egoismi e vendette, lì vinse, invece, la tolleranza e la convivenza pacifica, l’aiuto e la comprensione tra gente e popoli di culture e religione diversa. Ebrei, zingari, comunisti, ortodossi, cattolici, atei, slavi, greci, albanesi, trovarono la forza del dialogo e dell’aiuto reciproco. In un luogo di morte vinse la vita.