I pronto soccorso calabresi nella morsa dei disagi, ma la terapia del Niguarda non convince

A 'Spazio Pubblico', Soccorso Capomolla e Mariella Rodolico, seppur con sfumature diverse, arrivano alla stessa conclusione: la sanità non si costruisce partendo dal tetto

Sanità calabrese col fiato sempre più corto. Un giorno sull’altare (approvazione bilanci delle Asp di Reggio e Cosenza e annuncio dell’intenzione di chiedere la fine del commissariamento in Calabria da parte di Roberto Occhiuto), un giorno nella polvere (il governo dichiara l’emergenza ospedaliera in Calabria affidando sempre allo stesso Occhiuto l’incarico di tirare fuori dal pantano gli ospedali calabresi). Poi, arriva il giorno della speranza e coincide, un po’ a sorpresa, con l’intesa siglata dal commissario Occhiuto col Niguarda di Milano per far venire in Calabria medici specializzati nel settore dell’emergenza urgenza – come se in Calabria non ce ne fossero – e cercare di porre fine all’insostenibile pressione che grava ormai da tempo su tutti i pronto soccorso calabresi.

Spazio pubblico

Spazio pubblico

In altre parole, una sanità che annaspa tra incertezze, disagi, carenze, proteste e provvedimenti spesso campati in aria o comunque avulsi dalla realtà sanitaria calabrese. Non a caso, sta suscitando parecchie perplessità il Dca con cui il commissario Occhiuto punta a mutuare le buone pratiche del Niguarda per trasferirle in Calabria e applicarle a un sistema sanitario palesemente in affanno. L’argomento è stato oggetto di approfondita discussione nel corso dell’ultima trasmissione di ‘Spazio pubblico’ (guarda qui) ormai consolidato appuntamento settimanale con i problemi del territorio calabrese e vibonese in particolare, curato da Nicola Lopreiato per ‘Noi di Calabria’.

Marianna Rodolico

Lopreiato, more solito, tiene alto il livello di attenzione e analisi avvalendosi della presenza in trasmissione di Marianna Rodolico, medico di pronto soccorso di comprovata esperienza, e del cardiologo Soccorso Capomolla, che, in tema di sanità, ha ormai maturato un apprezzabile livello di conoscenza. Il dibattito ha lasciato emergere una evidente posizione critica di entrambi nei confronti del Cda di Occhiuto, anche se con qualche sfumatura di diversità. Mentre, infatti, la dottoressa Rodolico manifesta pochi dubbi nel prendere le distanze da un provvedimento che, a suo avviso, “va adattato al territorio calabrese anche perché quello della Lombardia non è modello da copiare in Calabria”.

Si parla, infatti, di due contesti sanitari impossibili da mettere a confronto per i livelli di efficienza nettamente diversi. Il che, già in partenza, genera delusione perché “non si può guardare – sostiene Marianna Rodolico – ad un modello utopico e che nulla ha in comune con la situazione calabrese. Il nostro territorio va prima ricostruito tenendo, peraltro, presente che il modello Lombardia, al momento, non è il meglio che c’è in Italia”.

Soccorso Capomolla

Meno drastico, invece, il dottor Soccorso Capomolla, anche, se alla fine dei ragionamenti, arriva alla stessa conclusione della Rodolico. A suo parere, il modello Lombardia va contestualizzato. In Calabria non si può costruire sanità partendo dal tetto. Il Dca di Occhiuto, per Capomolla, è collegato al Piano di programmazione e punta a implementare la rete dei pronto soccorso calabresi. In sintesi, “un obiettivo nobile, che va però adattato perché il Niguarda per cento persone trattate dispone di cento posti letto, mentre in Calabria ne abbiamo solo 22”. Carenza questa esistente nelle cinque province e che sarebbe generata dagli opinabili criteri usati dalla Regione distribuendo le risorse del fondo sanitario in base alla spesa storica e non ad altri fattori fondamentali. Ulteriori difficoltà nascono, specialmente nel Vibonese, dalla impossibilità di allocare i malati nelle strutture intermedie (Case di comunità, Ospedali comunità, Rsa medicalizzate) attualmente del tutto inesistenti.

Personale e posti letto al lumicino

Per Capomolla, la disponibilità di posti letto incide non solo sulla questione di flussi e deflussi dei malati, ma costruisce anche competenze. Con la differenza fondamentale che mentre il Niguarda fa ruotare attorno al pronto soccorso servizi molto alti, a Vibo ci sarebbe solo un servizio alto, poi si navigherebbe a livelli decisamente bassi, con la conseguenza che “a Vibo non solo i servizi sono bassi, ma vengono a mancare tanto i posti letto che le competenze sui flussi”.

Per il cardiologo vibonese, in Calabria, bisogna costruire dal basso verso l’alto e non viceversa per come sta avvenendo. In primis, a suo avviso, andrebbero eliminate le carenze esistenti e migliorati gli standard dei servizi a cominciare non solo dai posti letti mancanti, ma anche dall’eliminazione delle carenze di medici, infermieri, oss. A tal proposito, ricorda che, stando ai parametri esistenti, “in Calabria mancano circa 5.000 operatori nella rete sanitaria, che, persistendo questo stato di cose, non potrà mai migliorare”.

Buio sui costi

Capomolla rimarca anche il fatto che il management aziendale deve fare governance e non perdersi solo nei meandri del quotidiano se si vuole evitare che iniziative come quella di portare in Calabria i medici del Niguarda servano solo a creare cattedrali nel deserto. In verità, non andrebbe trascurato neppure il fatto che l’arrivo dei medici del Niguarda in Calabria non avverrà a costo zero. Tutt’altro.

I medici del Niguarda sono già venuti in Calabria nel 2017 e la loro presenza è stata sicuramente utile a far partire al meglio il nuovo reparto di cardiologia del Gom di Reggio. A conti fatti, allora, pare siano costati più di ottocento euro al giorno. Una spesa che, comunque, si poteva giustificare con i preziosi suggerimenti dati per avviare una struttura già pronta e dotata di tutto. Oggi, probabilmente, i medici lombardi costeranno di più e potranno suggerire solo problemi che amministratori e medici calabresi conoscono bene e meglio e potrebbero risolvere senza difficoltà.

La Calabria dei commissari

Tanto per fare un esempio, quando i medici lombardi si renderanno conto che nel Vibonese, sulla carta, i pronto soccorso in funzione, a fronte di una popolazione di quasi 160mila residenti, hanno la disponibilità di soli 159 posti letto per smistare i malati, di cui soltanto 96 convenzionati, mentre, a conti fatti, ce ne dovrebbero essere quasi cinquecento, quali vie d’uscita potranno prospettare che non siano già note al management e alla Regione. Quando sapranno che, per mancanza di posti letto, un pensionato ultraottantenne con fratture multiple ad una gamba è stato tenuto per cinque giorni su una brandina del pronto soccorso di Tropea per poi essere sbattuto a 200 chilometri da casa in una clinica privata, quali miracoli suggeriranno per evitare che l’inaccettabile inconveniente si ripeta?

Il cardiologo Capomolla, che di sanità ha vasta esperienza, e la dottoressa Marianna Rodolico, che il suo servizio l’ha sempre meritoriamente prestato nel pronto soccorso, non sarebbero in condizione di redigere un piano per portare i pronto soccorso e la sanità calabrese fuori dal guado? La politica batta un colpo. La Calabria dei mille commissari sta sprofondando.

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