Sanità in affanno, a Cosenza pochi letti e pronto soccorso al collasso

L'unico ospedale hub della provincia continua a operare in condizioni critiche: su 730 posti letto previsti ne sono attivi meno di 450
ospedali

È il solo ospedale hub di un’intera provincia, quella di Cosenza, che conta quasi 700mila abitanti. Eppure, l’Azienda ospedaliera bruzia continua a operare in condizioni di sofferenza strutturale e organizzativa. Il numero di posti letto attivi è lontano dalla dotazione prevista: 447 ordinari e 70 in day hospital e day surgery, a fronte dei 730 indicati sulla carta. E questo mentre, solo nel primo semestre del 2024, il Pronto soccorso ha gestito oltre 62.500 accessi.

A raccontare questo quadro complesso è il Quotidiano del Sud, che ha analizzato i dati contenuti nel rapporto annuale sulla performance dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, diretta da Vitaliano De Salazar. Il quadro che emerge è quello di una struttura “incompleta”, gravata da carenze croniche e resistenze interne che ostacolano il cambiamento. Il pronto soccorso, in particolare, fotografa meglio di ogni altra area le criticità del sistema. Sono oltre 1.900 i pazienti che hanno rifiutato il ricovero, 3.492 quelli che hanno lasciato la struttura prima della visita, e altri 815 che se ne sono andati durante gli accertamenti o prima della chiusura della cartella clinica. In totale, il 7% dei pazienti arrivati in PS ha abbandonato la struttura. Un numero che dovrebbe far riflettere.

Il territorio

Il problema, però, non è solo ospedaliero. Il vero tallone d’Achille resta il territorio. Il Quotidiano del Sud, infatti, evidenzia come l’assenza o la debolezza delle strutture sanitarie territoriali – ospedali gestiti dall’Asp, medicina generale, guardie mediche – finisca per sovraccaricare il grande ospedale cittadino, rendendolo un polo d’emergenza perenne. Mancano strutture di riabilitazione, lungodegenza, assistenza domiciliare. E questo porta a ricoveri impropri e a un aumento anomalo delle giornate di degenza.

Carenza di personale

Non basta. La carenza di personale è un altro nodo irrisolto: 1.832 in servizio, di cui 134 a tempo determinato. La precarietà, riconosce la stessa azienda, andrebbe “superata definitivamente” per rendere possibile una pianificazione seria e duratura. Ma il lavoro stabile resta ancora un miraggio. E neppure sotto il profilo dell’equità di genere l’ospedale brilla: sebbene oltre il 70% del personale sia femminile, solo lo 0,05% dei dirigenti con incarico di struttura complessa è donna. Un dato che evidenzia disparità strutturali anche nella governance. A rendere più amaro il bilancio c’è anche il disavanzo economico, che nel 2024 si attesta a 29,3 milioni di euro – in miglioramento rispetto ai 32,3 milioni del 2023, ma pur sempre una voragine nei conti.

In tutto questo, le strutture fatiscenti dell’ospedale e la mancanza di un vero ospedale universitario restano simboli di un sistema in stallo. La convenzione con l’Unical esiste, ma è solo un protocollo d’intesa. Serve una cornice giuridica e operativa più solida, che dia finalmente corpo a un’idea di sanità moderna, integrata, realmente a misura di cittadino.

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