La notizia che nessuno avrebbe mai voluto ricevere è arrivata come un colpo al cuore. E dove? Nella sede dell’Asp, davanti ai tre commissari che in questo momento gestiscono la sanità vibonese: Gianfranco Tomao, Gandolfo Miserendino e Gianluca Orlando. A confermare l’indiscrezione — riportata dal collega Enrico De Girolamo, che richiedeva opportune verifiche — è stato il direttore sanitario Ilario Lazzaro: “Francesco non ce l’ha fatta”. Il piccolo, di appena quattro anni, vittima del drammatico incidente al Parco Urbano di Vibo Valentia, si è spento nella sala rianimazione pediatrica del Bambino Gesù, dove era stato trasferito dopo un delicatissimo intervento chirurgico all’ospedale Jazzolino.
La tragedia nel Parco
La tragedia nel Parco
Quel pomeriggio di gioco si è trasformato in tragedia nel giro di pochi istanti. Una pesante trave di legno, cedendo improvvisamente, lo ha travolto mentre giocava. Da quel momento è iniziata una corsa disperata contro il tempo, tra l’impegno senza sosta dei medici di Vibo e la speranza che le cure altamente specialistiche del centro pediatrico potessero salvargli la vita.
Una città sconvolta
Ma la vita a volte è crudele. Nonostante ogni sforzo, il piccolo cuore di Francesco ha smesso di battere. La città intera è sconvolta, incredula, ammutolita. Lo Jazzolino, l’ospedale dove lavora la mamma, Laura Giofrè — stimata neurologa — oggi è listato a lutto. Medici, infermieri, pazienti: tutti partecipano al dolore di una famiglia distrutta. Tristezza soprattutto nel reparto di Chirurgia. Il primario Franco Zappia aveva guidato con coraggio e dedizione la sua équipe nel delicatissimo primo intervento sul piccolo; alla notizia del decesso, tutti i sanitari del reparto sono apparsi profondamente scossi. Negli occhi, il peso di una battaglia disperata; nel cuore, il dolore di chi ha fatto l’impossibile, ma ha visto spegnersi una giovane vita.
L’innocenza tradita
Il nome di Francesco ora diventa simbolo. Simbolo dell’innocenza tradita, dell’urgenza di sicurezza nei luoghi pubblici, della responsabilità che le istituzioni hanno verso i più fragili. Ogni gioco lasciato incustodito, ogni struttura trascurata non è solo un rischio: è un atto di ingiustizia verso i nostri bambini.
Silenzio e risposte immediate
Quello che resta è un silenzio assordante. Nelle case, nelle scuole, negli uffici. Un silenzio che chiede rispetto ma anche risposte. Come è stato possibile? Si poteva evitare? Chi doveva vigilare? Domande che oggi bruciano e che non possono restare senza risposta. Eppure, in mezzo a questo dolore, c’è una città che si stringe intorno alla famiglia. Vibo Valentia oggi è più unita che mai nel lutto, nella preghiera, nella richiesta di verità e giustizia. Il piccolo Francesco rimarrà per sempre nella memoria collettiva: un bambino che amava giocare e sorridere, che ha pagato con la vita una tragedia annunciata.
L’abbraccio della comunità
Oggi il nostro pensiero va a lui, alla sua mamma, la dottoressa Laura Giofrè, e al suo papà, il dottor Raffaele Mirabelli. A loro la vicinanza e l’abbraccio di un’intera comunità. Perché il dolore di Francesco non sia vano, perché la sua storia diventi un monito e una promessa: mai più.
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