Le dieci raccomandazioni di Unindustria Calabria ai candidati alla presidenza della Regione – presentate con enfasi nella sala “Guglielmo Papaleo” di Catanzaro – si muovono nel solco della continuità, senza intaccare il perimetro del potere politico regionale. Al di là della retorica sulla competitività e sull’innovazione, il documento conferma l’approccio prudente dell’associazione degli industriali: grande attenzione a non urtare la suscettibilità di nessuno, poca voglia di denunciare i problemi veri che gli imprenditori calabresi affrontano ogni giorno.
Le dieci raccomandazioni di Unindustria Calabria ai candidati alla presidenza della Regione – presentate con enfasi nella sala “Guglielmo Papaleo” di Catanzaro – si muovono nel solco della continuità, senza intaccare il perimetro del potere politico regionale. Al di là della retorica sulla competitività e sull’innovazione, il documento conferma l’approccio prudente dell’associazione degli industriali: grande attenzione a non urtare la suscettibilità di nessuno, poca voglia di denunciare i problemi veri che gli imprenditori calabresi affrontano ogni giorno.
La stampella del potere
Il paradosso è evidente: chi dovrebbe dare voce agli industriali appare ancora una volta come “la stampella” del governo regionale. Mentre le imprese combattono contro burocrazia asfissiante, ricatti occulti, condizionamenti politici e criminali, Unindustria preferisce restare sul terreno neutro delle buone intenzioni, lasciando fuori dal perimetro del dibattito i nodi strutturali.
Temi vecchi come il cucco
Le infrastrutture? Tema vecchio come il cucco. La Statale 106 incompleta, i collegamenti ferroviari carenti, i porti turistici un sogno o in stato di abbandono, le aree industriali degradate: questioni note da decenni, che non hanno trovato soluzione né sotto governi di centrodestra né di centrosinistra. L’ente Corap continua a inghiottire risorse pubbliche tra commissari e liquidatori, senza che Unindustria sollevi con forza la questione del suo smantellamento o della sua radicale riforma.
Sollevate le questioni di sempre
Il documento, va detto, elenca priorità condivisibili: semplificazione amministrativa, piano export, piano per i giovani, piani paesaggistici e cave, riqualificazione delle aree industriali. Tutti obiettivi giusti – e infatti ripetuti in ogni campagna elettorale – ma senza un calendario, senza vincoli e senza pressioni concrete sui candidati diventano l’ennesimo catalogo di buone intenzioni.
Nessuna responsabilità politica
Ed è proprio qui che si misura il deficit di rappresentanza: Unindustria non fa la voce grossa, non incalza i candidati sulle decisioni pratiche, non pretende impegni vincolanti, non indica responsabilità politiche passate. Roberto Occhiuto e Pasquale Tridico – con sfumature diverse – hanno potuto infatti confermare la propria sintonia con il documento, quasi fosse un atto notarile di continuità, più che una sfida al cambiamento.
Una lobby degli onesti
In Calabria servirebbe invece una vera “lobby degli imprenditori onesti”: capace di difendere le imprese che innovano e che creano lavoro, che non vivono di rendite parassitarie, che non cercano commesse pubbliche ma mercati, che chiedono infrastrutture e regole certe. Unindustria – almeno in questa tornata elettorale – si conferma più un interlocutore istituzionale che un pungolo critico.
Tutti con il cappello in mano
Per questo, in campagna elettorale è necessario ribaltare l’impostazione: non limitarsi a raccogliere manifesti di buone intenzioni ma incalzare i candidati, pretendere tempi, strumenti, controlli e risorse certe. Perché senza un vero cambio di passo, la Calabria resterà intrappolata nei soliti slogan – e gli imprenditori che soffrono continueranno a sentirsi soli, mentre l’associazione che dovrebbe rappresentarli rimane con il cappello in mano.