Il medico che Vibo non assume: concorso vinto, reparti al collasso e un territorio che ora pretende risposte

Quando il caso è esploso, due aziende sanitarie hanno contattato l’internista in sole 48 ore. L’Asp di Vibo, invece, no. Il medico: restare è un atto di responsabilità, non un sacrificio. Ora la sanità vibonese diventa un caso politico e sociale

Quella del giovane internista vibonese è ormai molto più della vicenda di un medico non assunto. È diventata il simbolo del corto circuito della sanità pubblica locale: concorsi vinti che restano sulla carta, reparti allo stremo, piante organiche “piene” solo di personale precario e un’amministrazione che naviga a vista. Ed è anche la storia di un professionista preparato, con doppio master, anni di esperienza in emergenza-urgenza e un curriculum che – altrove – gli avrebbe garantito un’assunzione in poche ore. A Vibo, invece, si è trasformato in un paradosso amministrativo.

Dal concorso vinto alla porta che non si apre

Dal concorso vinto alla porta che non si apre

Il concorso bandito da Azienda Zero è uno dei pochi processi di reclutamento regionali funzionati negli ultimi anni. Il medico lo supera brillantemente. Durante la scelta delle sedi è l’unico a indicare Vibo Valentia. Il commissario dell’epoca, Antonio Battistini, gli stringe la mano: “Bravo dottore, torno in sede e le preparo subito la lettera di assunzione”. La lettera arriva e lui la firma. Ma la procedura si blocca subito dopo: l’Asp di Vibo non aveva trasmesso i volumi assistenziali del 2023 ed era stata esclusa dalla rete formativa. Il nullaosta dall’Università diventa impossibile.

La scorciatoia della Legge di Bilancio

Solo mesi dopo, con la Legge di Bilancio, viene chiarito che il nullaosta non è più necessario. Il medico invia immediatamente una Pec all’Asp per sbloccare tutto. Nel frattempo, però, le piante organiche vengono “riempite” con gettonisti e medici cubani. Risultato: non c’è posto per lui, almeno sulla carta. Promesse, rinvii e un continuo ricominciare da zero. Tra marzo e luglio 2024 si susseguono incontri e tavoli sindacali. L’Asp ammette che la proposta di assunzione è valida; il posto si può liberare; è sufficiente spostare alcuni gettonisti. Gli viene chiesto se accetterebbe Serra San Bruno o Tropea, e se sarebbe disponibile a coprire turni in Medicina Interna, Dialisi e anche Urgenza. Lui risponde sempre sì. Poi arrivano le ferie estive. Il commissario Vittorio Piscitelli rinvia tutto a settembre. A settembre, però, Piscitelli non c’è più. La direttrice del personale è stata sostituita. Il nuovo commissario, Tomao, richiede di “ricostruire tutta la vicenda”. Un sistema che, invece di assumere chi è già vincitore di concorso, riparte ogni volta dal principio.

Voglio essere un medico utile

Nelle ultime settimane, dopo la presa di posizione del sindacato e di qualche articolo di giornale, la storia ha avuto un’evoluzione improvvisa: due diverse Aziende sanitarie e ospedaliere hanno inviato al medico due Pec in 48 ore. Disponibilità immediata. Contratto pronto. L’Asp di Vibo, invece, ancora tace. Il medico commenta così il tempismo sospetto: “In due anni non è mai arrivata una convocazione da questo concorso. Mai. Ora, dopo l’uscita dell’articolo, due PEC in 48 ore. Sarà una coincidenza?” Ma la parte più forte è un’altra. Mentre qualsiasi professionista accetterebbe al volo un’offerta simile, lui dice no: “Accettare per me sarebbe un vantaggio personale, ma significherebbe contribuire all’impoverimento del territorio. Ho scelto di fare il medico per essere utile, non per fuggire dalle criticità. Anche se è difficile, rifiutare oggi è la cosa giusta. Bisogna alzare la testa, con determinazione e coraggio”.

Un vero atto civile

Parole pesanti. Che suonano come un atto civile. “I vibonesi pagano le tasse come i milanesi. Perché devono avere servizi peggiori?” Il medico scandisce un concetto fondamentale che raramente viene messo nero su bianco: “Un cittadino vibonese paga le tasse esattamente come un cittadino milanese. Perché deve ricevere servizi socio-sanitari inferiori o non riceverli affatto? Le diseguaglianze sanitarie e logistiche non sono più accettabili”. È il cuore del problema: un territorio che, da decenni, sembra condannato a cure meno tempestive e meno sicure. Un ingranaggio che non si rompe oggi: è rotto da anni.

Medicina, Dialisi e l’elenco delle criticità

La situazione negli ospedali vibonesi è nota, ma la vicenda del medico l’ha rimessa al centro con drammatica concretezza: Dialisi Serra San Bruno è a rischio chiusura: c’è un solo medico gettonista, peraltro pensionato. Medicina Interna è sotto organico, con turni massacranti e un medico prossimo alla pensione. Negli ultimi mesi sono andati via professionisti di Cardiologia, Medicina, Direzione Medica e altri reparti chiave. Le acuzie in provincia sono un incubo logistico. E questo, nel 2025, è semplicemente inaccettabile. Mentre l’Asp continua a restare immobile, si muovono invece i cittadini. Nascono comitati, assemblee spontanee, richieste di trasparenza. Soprattutto nelle aree interne, dove perdere un ospedale significa non riaverlo mai più.

Questa non è una partita personale

“Non si può continuare a lamentarsi se nessuno è disposto a restare e lottare per cambiare le cose. Restare oggi – dice il medico vibonese – è un atto di responsabilità verso la collettività. Un medico ha un dovere morale nelle scelte che compie: devono essere corrette scientificamente ed eticamente”. C’è una frase, tra tutte, che sintetizza il cuore di questa vicenda: “La salute è il bene più prezioso che abbiamo. È il momento di dire basta alla rassegnazione e difendere insieme la sanità pubblica del Vibonese”.

Una storia che rompe il silenzio

L’Asp di Vibo non può più far finta di nulla. Questa vicenda è uscita dalla cronaca amministrativa ed è entrata nella coscienza collettiva. Non è più solo un tema di assunzioni. Non è più solo una storia di burocrazia. È la fotografia di un territorio che sta smettendo di accettare la mediocrità come destino.
Un territorio in cui, finalmente, qualcuno ha detto “no” non per andarsene, ma per restare. Perché restare – oggi, a Vibo – è diventato un gesto rivoluzionario.

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