Cantiere di San Calogero, mancati pagamenti e straordinari: i lavoratori della Nami proclamano lo stato di agitazione

La decisione, resa nota dal coordinatore provinciale dello Slai Cobas, Nazzareno Piperno, è stata inviata alla Prefettura di Vibo e al Comune di San Calogero, insieme alla richiesta di esperire le procedure conciliative e di raffreddamento

I lavoratori della Nami s.r.l. in servizio presso il cantiere di San Calogero hanno proclamato lo stato di agitazione a partire dal 19 novembre 2025, a causa del mancato riconoscimento dell’orario di lavoro contrattuale e del mancato pagamento del lavoro supplementare e straordinario. La decisione, resa nota dal coordinatore provinciale dello Slai Cobas, Nazzareno Piperno, è stata inviata alla Prefettura di Vibo Valentia e al Comune di San Calogero, insieme alla richiesta di esperire le procedure conciliative e di raffreddamento previste dalla legge.

Situazione insostenibile

Situazione insostenibile

Secondo quanto denunciato dal sindacato, la situazione nel cantiere si è resa insostenibile da diversi mesi, dopo che la società ha subentrato a un’altra impresa a seguito di un cambio appalto. “In primo luogo, parte datoriale ha proceduto all’assunzione dei lavoratori nostri assistiti con un orario di lavoro inferiore a quello cui gli stessi avevano diritto sulla base del contratto di lavoro in essere con l’impresa cessante”, spiega il sindacato in una nota. Le numerose richieste avanzate nel corso dei mesi dallo Slai Cobas sono rimaste del tutto inascoltate e senza riscontro.

Le pressioni

Oltre a questa grave problematica, il sindacato denuncia come sin dall’inizio del servizio i lavoratori abbiano subito notevoli e continue pressioni da parte aziendale per completare il lavoro quotidianamente oltre il normale orario di servizio. “Le pressioni sono consistite in richieste verbali spesso avanzate in modo tutt’altro che amichevole – continua il comunicato – che i lavoratori, dimostrando senso del dovere, hanno inizialmente rispettato, ritenendo si trattasse di criticità legate all’avvio del cantiere. Così non è stato, e tali atteggiamenti perdurano tutt’oggi”.

Riconoscimenti economici

Il sindacato sottolinea che tali richieste non sono mai state formalizzate per iscritto, impedendo ai lavoratori di ricevere qualsiasi riconoscimento economico sotto forma di pagamento delle ore supplementari o straordinarie effettivamente svolte. Inoltre, agli stessi è stato di fatto impedito di allontanarsi prima del completamento del lavoro indicato dall’azienda, nonostante i rapporti di lavoro siano parametrati su base oraria e non a cottimo. Lo Slai Cobas definisce queste prassi assolutamente illegittime e arbitrarie.

Comportamenti illegittimi

“La scrivente organizzazione sindacale ha sempre cercato dialogo e confronto con le parti datoriali – prosegue la nota – anche duro, ma nel caso in questione ogni tentativo di ricerca di un terreno comune è stato sempre rifiutato. L’azienda ha continuato ad adottare comportamenti palesemente illegittimi, ai limiti dell’arbitrarietà, che trovano pochi riscontri nella nostra pluridecennale esperienza”.

Dire basta

Il sindacato evidenzia che, nonostante la consapevolezza che questa scelta aumenterà i problemi e la conflittualità sul cantiere, i lavoratori hanno deciso di dire basta. “La decisione dei lavoratori, oltre al presente stato di agitazione, comporta con effetto immediato la cessazione di qualsiasi tipo di prestazione lavorativa di carattere supplementare e/o straordinario e la rottura di qualsiasi tipo di relazione sindacale, peraltro mai realmente instaurata, stante l’assoluta mancanza delle condizioni di agibilità democratica”, recita il comunicato.

Lo Slai Cobas ha quindi avviato l’esperimento delle procedure preventive di raffreddamento e di conciliazione previste dalla legge n. 146/90, inviando la richiesta alle Direzioni aziendali e rimanendo in attesa delle convocazioni per l’esame dei motivi della controversia.

Libertà e diritti

“La situazione è insostenibile – conclude il sindacato – e richiede una risposta forte anche delle istituzioni. I lavoratori vogliono far sentire la propria voce e tutelare i diritti fondamentali violati dall’azienda, ribadendo che la libertà e i diritti dei lavoratori non possono essere compressi”.

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