Tra le 50 assoluzioni pronunciate dalla Corte d’Appello di Catanzaro nel processo Rinascita Scott (154 le condanne, 11 i reati prescritti), quella di Pietro Giamborino è destinata a restare una delle più significative. Ex consigliere regionale, già assessore provinciale e consigliere comunale di Vibo Valentia, Giamborino esce assolto da tutte le accuse, comprese quelle di traffico di influenze, cadute integralmente in secondo grado. Un verdetto che fa rumore per il profilo pubblico dell’imputato e per la distanza netta tracciata dalla Corte rispetto all’impianto accusatorio.
Il segno della croce
Il segno della croce
Alla lettura del dispositivo Giamborino alcune immagini lo mostrano seduto, quasi sfinito, mentre trova la forza per fare il segno della croce. Accanto a lui il figlio, l’avvocato Michele Giamborino, forse in lacrime. Un gesto silenzioso in un’aula simbolo del maxi-processo, costruita per giudicare il “male assoluto”, che per l’ex esponente politico si chiude invece con una formula piena. All’indomani della sentenza è l’avvocato Vincenzo Belvedere, che ha difeso Giamborino insieme ai colleghi Salvino Mondello, Domenico Anania e allo stesso Michele Giamborino, a fissare i punti politici e giudiziari del verdetto.
Totale assenza di indizi
“La Corte d’Appello di Catanzaro – scrive Belvedere – ha scolpito a chiare lettere che l’operato dell’Uomo prima, dell’Onorevole poi, Pietro Giamborino sia stato da sempre sideralmente lontano da qualsivoglia contiguità con la ’ndrangheta”. Un passaggio che pesa perché arriva al termine di sei anni di procedimento, segnati -ricorda la difesa – da una lunga sequenza di pronunciamenti favorevoli: l’assenza di indizi già rilevata dalla Cassazione in sede cautelare, l’assoluzione del Tribunale penale di Vibo Valentia, quella del Tribunale di Cosenza. Nonostante questo, l’accusa aveva impugnato la decisione chiedendo 20 anni di reclusione.
Un calvario dei sei anni
“Dopo un lungo percorso-calvario giudiziario – aggiunge Belvedere – la Procura, investita di un fuoco sacro, recte fatuo, ha insistito”. Un passaggio duro, che fotografa la distanza tra accusa e difesa e che ora si riflette in una sentenza d’Appello che non lascia zone grigie. L’assoluzione di Pietro Giamborino non è solo una vicenda personale. È uno dei casi in cui Rinascita Scott mostra il suo volto meno raccontato: quello di un processo che, accanto a condanne pesantissime, produce anche cadute integrali dell’impianto accusatorio, soprattutto quando si entra nel terreno scivoloso del rapporto tra politica e mafia. Ed è forse per questo che questa assoluzione, più di molte altre, continuerà a far discutere.


