Anziano ricoverato in una struttura di Montalto Uffugo, le figlie scrivono a Occhiuto

Critiche al Distretto unico dell’Asp, che invece di alleviare i disagi li accentua, allontanando il malato dagli affetti familiari

Da mesi stanno lottando per garantire al loro papà, afflitto da grave disabilità, tutte le cure necessarie per farlo vivere; da mesi devono confrontarsi con i disagi creati dalla burocrazia sanitaria. L’ultimo ostacolo incontrato sul loro cammino, fatto d’amore filiale verso l’anziano genitore, Marika ed Elsa R., però, non sanno più come superarlo. Non se lo aspettavano, lo trovano privo di logicità, non intendono accettarlo.

Scelta inaccettabile

Scelta inaccettabile

A rendere inaccettabile la situazione per le due donne è il Distretto unico dell’Asp di Vibo, che, anziché cercare di attenuare i loro sacrifici cercando per il loro papà un posto letto in una struttura attrezzata e specializzata, ha pensato bene di dirottarlo in una struttura di Montalto Uffugo, nel Cosentino, nonostante la presenza nel Vibonese di una analoga Rsa medicalizzata. Una scelta che, praticamente, le ha messe nelle condizioni di non poter assistere il loro genitore privando lo stesso della vicinanza dei familiari. Marika ed Elsa, dopo due mesi di andirivieni da Crotone, a questo punto, decidono di mettere nero su bianco scrivendo un’accorata lettera indirizzata al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, e alla Commissione straordinaria che gestisce l’Asp. Non dovesse bastare, appaiono decise a prendere altre iniziative.

E il ‘Don Mottola’ è a due passi

“Nel cuore della provincia di Vibo Valentia – esordiscono – esiste una struttura sanitaria d’eccellenza: l’Rsa medicalizzata ‘Don Mottola’ di Drapia, accreditata dalla Regione e dotata di servizi all’altezza delle necessità assistenziali più complesse. Eppure, paradossalmente, a un cittadino vibonese gravemente disabile, viene negata la possibilità di accedervi”. Un ‘veto’ che le due donne faticano ad accettare perché “nostro Padre – proseguono – è un paziente che, in seguito ad un grave evento traumatico, convive con importanti disabilità motorie e cognitive. È costretto su una sedia a rotelle o a letto, soffre di afasia e disfagia e viene nutrito esclusivamente tramite PEG (Gastrostomia Endoscopica Percutanea), modalità che consente la somministrazione delle sue terapie salvavita. Il suo stato di salute richiede cure continue e altamente specialistiche, erogabili in strutture sanitarie adeguate”. Tutte prestazioni che il ‘Don Mottola’ di Drapia (foto sotto) potrebbe tranquillamente garantire, ma che l’Asp di Vibo da tempo evita accuratamente di erogare.

Due mesi a Crotone

“La sua lunga odissea – raccontano – è iniziata alla fine di dicembre 2024, mentre si trovava fuori regione. Dopo numerose difficoltà, siamo riusciti a farlo rientrare in Calabria, dove è stato accolto dalla clinica riabilitativa Sant’Anna di Crotone. Dopo due mesi di ricovero, il centro ha dichiarato concluso il percorso riabilitativo per quanto di sua competenza, pur riconoscendo che il paziente non aveva riacquistato alcuna autonomia”. Da qui il trasferimento “ma non verso una struttura nella provincia di residenza – rimarcano Marika ed Elsa – bensì a oltre 100 chilometri di distanza, a Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza. Un viaggio non solo fisico, ma anche umano, che ha allontanato nostro padre dalla sua famiglia, negandogli la possibilità di vivere il sostegno quotidiano dei propri cari, elemento fondamentale nel percorso di cura e nella qualità della vita”.

Un diritto negato

Ma c’è di più. “Le richieste presentate al Distretto Sanitario dell’ASP di Vibo Valentia – sottolineano – sono rimaste inascoltate. Nonostante l’esistenza di una struttura qualificata nella stessa provincia, l’Asp ha scelto di sostenere economicamente una soluzione lontana, ignorando la possibilità di convenzionare l’Rsa ‘Don Mottola’ di Drapia. Una decisione che solleva interrogativi non solo sul piano sanitario, ma anche su quello umano e costituzionale”. E tutto questo perché “in un contesto in cui la sanità calabrese lotta quotidianamente per garantire servizi adeguati e vicini ai cittadini – concludono – storie come quella di nostro padre pongono con forza una domanda: che fine ha fatto l’articolo 32 della Costituzione, che sancisce il diritto alla salute come fondamentale per ogni individuo? Cosa dobbiamo fare perché nostro padre possa essere assistito nel proprio territorio contornato dai propri affetti famigliari e secondo gli standard garantiti dalla legge. Attendiamo con fiducia una risposta istituzionale”.

Domande spontanee

Domande che, con ogni probabilità, rimarranno senza risposte perché il disagio segnalato da Marika ed Elsa, nel Vibonese, appartiene da oltre due anni a tanti pazienti costretti a pagarsi le cure di tasca propria perché l’Asp tarda a convenzionare il ‘Don Mottola’. Per il Distretto unico dell’Asp, evidentemente, è più semplice dirottare le persone bisognose verso Montalto Uffugo o verso Messina oppure verso altre strutture fuori provincia piuttusto che sistemarla a due passi da casa.

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