La Corte d’Appello di Catanzaro riapre oggi 18 dicembre uno dei procedimenti giudiziari più complessi e significativi per il territorio vibonese. Con il decreto di citazione a giudizio, il presidente della Seconda sezione penale ha disposto la comparizione, in grado di appello, di venticinque imputati contro la sentenza emessa dal Tribunale di Vibo Valentia il 13 marzo 2024, a seguito degli appelli proposti sia dal pubblico ministero sia dalle difese. Un passaggio cruciale che riporta al centro dell’attenzione una vicenda giudiziaria che va ben oltre le singole posizioni processuali, intrecciando criminalità, pressione economica, coraggio civile e la scelta, tutt’altro che scontata, di denunciare.
I venticinque imputati
I venticinque imputati
Davanti ai giudici della Corte d’Appello compariranno Greta Accorinti, Marino Luciano Artusa, Claudia Barbuto, Giuseppe Armando Bonavita, Alessandra Borello, Marco Borello, Francesco Capano, Francesco Crigna, Francesco Daniele, Massimo Fortuna, Adriano Greco, Carmine Il Grande, Egidio Il Grande, Giuseppe Lo Gatto, Salvatore Lo Iacono, Domenico Mancuso, Pantaleone Mancuso, Domenico Guglielmo Marzano, Francesco Melluso, Caterina Nicolino, Filippo Niglia, Salvatore Pandullo, Pasquale Puglia, Pasquale Quaranta e Michele Salerno. Alcuni imputati si trovano detenuti in istituti penitenziari fuori regione, altri sono sottoposti a misure cautelari non detentive, mentre per i restanti è prevista la comparizione in stato di libertà.
Il fronte delle parti civili
Il decreto stabilisce che la partecipazione degli imputati detenuti avverrà tramite videoconferenza, mentre coloro che sono sottoposti a misure come gli arresti domiciliari o altri obblighi potranno presentarsi in aula senza scorta. In caso di mancata comparizione senza legittimo impedimento, la Corte procederà al giudizio in assenza, secondo quanto previsto dal codice di procedura penale. A rendere il processo di particolare rilievo è anche il fronte compatto delle parti civili. Accanto a Regione Calabria, Provincia di Vibo Valentia, Comuni di Vibo Valentia, Briatico e Parghelia, alle associazioni antiracket e al Ministero dell’Interno, ci sono gli imprenditori che hanno scelto di esporsi in prima persona. Tra questi Giuseppe e Antonino De Masi, vivono sotto scorta, da anni simbolo di una battaglia pubblica contro le cosche, e Francesco Cascasi, la cui vicenda personale racconta in modo plastico il prezzo che spesso si paga quando si decide di non piegarsi. Ha temuto per sé e per la sua famiglia, costretto a convivere con l’angoscia quotidiana di ritorsioni concrete. Non ha voltato le spalle alla sua terra. Al contrario, ha scelto di continuare a investire proprio nel Vibonese, con l’obiettivo dichiarato di contribuire a cambiare il volto di Vibo Marina, puntando su un’idea di sviluppo turistico, legale e trasparente.
Oltre gli steccati giudiziari
La presenza di Cascasi, dei De Masi e degli altri imprenditori tra le parti civili dà al processo una dimensione che non è solo giudiziaria. È il racconto di chi ha denunciato, ha pagato un prezzo altissimo e, nonostante tutto, ha scelto di restare o di tornare, affidando alla giustizia e alle istituzioni il compito di fare fino in fondo la propria parte. Con il decreto firmato a Catanzaro il 21 ottobre 2025, il procedimento entra ora nella fase decisiva del giudizio di appello. Un passaggio che non riguarda soltanto le responsabilità penali contestate, ma anche la credibilità dello Stato e la possibilità, concreta, di affermare che denunciare conviene, anche nei territori più difficili.


