Diabete e cuore, scoperta all’Università di Catanzaro: la Catepsina K nuovo indicatore di rischio

Lo studio, pubblicato sul Journal of Translational Medicine, dimostra che alti livelli della Catepsina K sono associati a un rischio sei volte maggiore di sviluppare il diabete e a segni precoci di aterosclerosi

Il team di ricercatori del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università “Magna Græcia” di Catanzaro ha pubblicato uno studio innovativo che identifica una nuova associazione tra i livelli circolanti di una proteina, la Catepsina K (CatK), e il diabete mellito di tipo 2, nonché con le sue complicanze cardiovascolari.

Valutazione del rischio

Valutazione del rischio

I risultati, pubblicati sul prestigioso Journal of Translational Medicine, suggeriscono che la misurazione della CatK potrebbe diventare un nuovo strumento non invasivo per la valutazione del rischio nei pazienti diabetici. La Catepsina K è un enzima noto per il suo ruolo principale nel rimodellamento osseo, ma la sua presenza in alte concentrazioni in lesioni aterosclerotiche ne ha già suggerito un’implicazione nelle patologie cardiovascolari.

Lo studio

Il gruppo di ricerca del prof. Francesco Andreozzi, direttore dell’U.O. di Medicina Interna, ha condotto uno studio su 544 volontari adulti italiani, il primo a esplorare l’associazione diretta tra i livelli di CatK e la tolleranza al glucosio negli esseri umani.

Andreozzi

“I nostri studi hanno dimostrato che le persone affette da diabete di tipo 2 presentano livelli di Catepsina K significativamente più alti rispetto a chi ha una normale tolleranza al glucosio o prediabete,” ha commentato il prof. Andreozzi. “In particolare, abbiamo notato che un aumento di un solo quintile (circa 0.4 ng/ml) nei livelli circolanti di questa proteina è associato a un rischio 6,5 volte maggiore di avere il diabete di tipo 2.”

La ricerca ha inoltre evidenziato una forte correlazione tra i livelli di CatK e l’aterosclerosi, uno stato di infiammazione delle arterie che è tra le principali cause di problemi cardiovascolari. Questa associazione, osservata sia nei pazienti diabetici che in quelli non diabetici, suggerisce che la CatK possa fungere da indicatore precoce di aterosclerosi.

Averta

“Lo studio ha identificato la Catepsina K come uno dei principali fattori indipendenti che accompagnano l’aumento dello spessore dell’intima-media carotidea (c-IMT),” ha spiegato la dottoressa Carolina Averta, co-autrice del lavoro e assegnista presso l’Università ‘Magna Græcia’ di Catanzaro. “Questo è un segno precoce di aterosclerosi, e la sua associazione con la CatK è particolarmente evidente nei pazienti con diabete.”

“I nostri dati espandono il ruolo della Catepsina K come potenziale marcatore di rischio cardiovascolare e suggeriscono una sua implicazione nella patofisiologia del diabete di tipo 2,” ha concluso Averta. “Questo studio fornisce una solida base per future ricerche volte a caratterizzare il ruolo di CatK nell’eziopatogenesi del diabete, aprendo nuove e importanti prospettive per la medicina personalizzata e la prevenzione.”

La misurazione dei livelli di CatK potrebbe offrire uno strumento non invasivo e relativamente economico per l’identificazione precoce dei soggetti a rischio, migliorando la precisione nella stratificazione del rischio cardiovascolare.

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