Elezioni a Vibo, quando la falsa borghesia prende il sopravvento

I comizi dei candidati si spostano nelle periferie dove il disagio si tocca con mano ed i problemi sono quelli di sempre

La campagna elettorale si avvia velocemente verso la conclusione. Gli elettori saranno chiamati al voto l’8 e il 9 giugno. I social stanno facendo la parte del leone. Gli slogan hanno ormai assunto un ruolo centrale in ogni dibattito. Le questioni vere, i problemi della città, sono rimasti fuori da ogni dibattito. Prevalgono messaggi cifrati e frecciate più o meno velenose.

I candidati hanno preferito, e lo faranno anche in questi ultimi giorni, organizzare comizi e incontri con le comunità della periferia. Probabilmente per trovare maggiore ascolto proprio nelle zone dove il disagio si tocca ancora di più con mano. A chi ha avuto modo di seguire un comizio non sarà sfuggito che i discorsi sono quelli di un territorio allo sbando, in alcuni passaggi quasi da dopoguerra, visto che al centro vengono posti i servizi primari: le strade da rifare, l’acqua non potabile (quando arriva), l’erbacce da tagliare, alcune contrade al buio o scarsamente illuminate e la mancanza di collegamenti con il centro della città. Altro che pagine e pagine di programmi. Una situazione disastrosa che ha radici profonde naturalmente.
Per la politica che conta, invece, i problemi concreti non vengono toccati. Il primo obiettivo e prendere o mantenere il controllo del Comune. Sembra di cogliere che la politica, intesa come servizio e programmazione di un territorio che deve provare a rialzarsi, venga mossa da una falsa borghesia che pensa solo alla gestione del potere; che calcola solo come occupare postazioni alla Cittadella; che pensa a come continuare a sedere nell’assemblea di Palazzo Campanella; a come assicurarsi una rendita in Parlamento; come continuare a gestire la Sanità che scivola giorno per giorno nel baratro. Tutto questo avviene fuori da ogni dibattito, fuori da ogni confronto perché la politica ha rinunciato al dibattito ed ha scelto la via del compromesso. A farne le spese sono gli elettori, i cittadini, i nostri giovani, coloro i quali ancora si illudono che il destino di questo territorio possa essere nelle nostre mani.

I candidati hanno preferito, e lo faranno anche in questi ultimi giorni, organizzare comizi e incontri con le comunità della periferia. Probabilmente per trovare maggiore ascolto proprio nelle zone dove il disagio si tocca ancora di più con mano. A chi ha avuto modo di seguire un comizio non sarà sfuggito che i discorsi sono quelli di un territorio allo sbando, in alcuni passaggi quasi da dopoguerra, visto che al centro vengono posti i servizi primari: le strade da rifare, l’acqua non potabile (quando arriva), l’erbacce da tagliare, alcune contrade al buio o scarsamente illuminate e la mancanza di collegamenti con il centro della città. Altro che pagine e pagine di programmi. Una situazione disastrosa che ha radici profonde naturalmente.
Per la politica che conta, invece, i problemi concreti non vengono toccati. Il primo obiettivo e prendere o mantenere il controllo del Comune. Sembra di cogliere che la politica, intesa come servizio e programmazione di un territorio che deve provare a rialzarsi, venga mossa da una falsa borghesia che pensa solo alla gestione del potere; che calcola solo come occupare postazioni alla Cittadella; che pensa a come continuare a sedere nell’assemblea di Palazzo Campanella; a come assicurarsi una rendita in Parlamento; come continuare a gestire la Sanità che scivola giorno per giorno nel baratro. Tutto questo avviene fuori da ogni dibattito, fuori da ogni confronto perché la politica ha rinunciato al dibattito ed ha scelto la via del compromesso. A farne le spese sono gli elettori, i cittadini, i nostri giovani, coloro i quali ancora si illudono che il destino di questo territorio possa essere nelle nostre mani.

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