Estate 1943, lo sbarco degli alleati in Sicilia e Calabria

Il 10 luglio di 81 anni fa scattò l'operazione Husky: le principali città calabresi finirono sotto attacco da parte degli alleati. Tantissimi i morti civili

Tutti sappiamo che cos’è il D-DAY! Tutti sappiamo, grazie anche ai tanti films sull’avvenimento a partire da “Salvate il soldato Ryan” di Spielberg che il 6 Giugno 1944 ci fu lo sbarco degli americani in Normandia per liberare l’Europa dal nazifascismo. Quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario e tutti i maggiori leader dei paesi occidenti si sono ritrovati nella cerimonia internazionale che ha avuto luogo a Saint-Laurent-sur-Mer (Omaha Beach ) con la presenza di Biden, Macron, Mattarella, eccetera eccetera. Il cimitero monumentale americano di Omana Beach con il suo monumento alla memoria è stato visitato nei decenni da tutti i Presidenti Usa in omaggio agli oltre 11 mila militari americani che lì riposano, di cui oltre quattromila solo in quei giorni dello sbarco.
Se noi dovessimo chiedere a un qualsiasi cittadino italiano cos’è avvenuto il 10 luglio 1943 o che cos’è stata l’operazione Husky, o se chiedessimo ad un cittadino calabrese che cos’è avvenuto il 3 settembre 1943 o di spiegarci l’operazione Baytown, assisteremmo nella stragrande maggioranza dei casi a dei silenzi imbarazzanti o a risposte del tipo chi “ndi sacciu iu”. L’anno scorso si è svolto l’ottantesimo anniversario prima dello sbarco degli alleati in Sicilia, il 10 giugno 43 sulle spiagge di Gela, e poi il 3 settembre lo sbarco degli alleati in Calabria tra Villa San Giovanni e Reggio Calabria. In una delle poche iniziative di celebrazione svolte a Reggio Calabria gli storici Stefano Vecchione e Fulvio Mazza lamentavano l’assenza e il totale disinteresse della politica e delle istituzioni. Eppure gli sbarchi in Sicilia e Calabria furono fatti storici altrettanto importanti. Dopo anni di buio si apriva una speranza di ritorno alla libertà. Un ritorno alla libertà che comportò lutti, dolori, distruzione, bombardamenti e uccisione di civili, di donne, ragazzi, anziani, spesso non giustificati e che forse si potevano evitare.
“La guerra piace a chi non la conosce” scrisse Erasmo da Rotterrdam. Tutte le guerre, anche quelle giuste, sono sporche. I morti della seconda guerra mondiale furono tra i sessanta e i settanta milioni. Per la prima volta i morti civili furono in numero enorme, quasi come quelli militari. Basta considerare che nell’Unione Sovietica si contarono oltre 27 milioni di morti, di cui ben 18 milioni di civili. Abbiamo vissuto l’infamia dell’olocausto, il tentativo di genocidio del popolo ebraico, del popolo rom e sinti, degli omosessuali, delle minoranze considerate degenerate. La brutalità della guerra ha portato anche ai bombardamenti a tappeto di grandi e piccole città, Londra, Dresda, Amburgo, Berlino, Tokyo.
Anche in Italia le maggiori città furono bombardate: Milano, Roma, Napoli, Torino. Arthur Harris, comandante in capo della Royal Air Force, arrivato al comando della Bomber command, applico’ le direttive della cosidetta area bombing che prevedeva proprio bombardamenti massicci sulle aree urbane e sui nodi strategici dei nemici. Quando alla fine del 1942 agli inglesi si unirono gli americani giunsero anche i grandi bombardieri B-25, B-26 privilegiando i bombardamenti diurni di precisione grazie ai radar centrimetrici e all’utilizzo di aerei caccia a scorta dei grandi bombardieri. La scelta dei bombardamenti sulle città doveva portare anche ad un effetto shock nella popolazione di panico e rassegnazione.
Dall’autunno del 1942 ripresero violenti gli attacchi sulle città del triangolo industriale ad opera del Bomber Command, sull’Italia meridionale da parte dei quadrimotori americani e anche con bombardieri medi del tipo B25 e B26, mentre anche gli inglesi da Malta attaccavano con aerei del 205° Group. Gli obiettivi erano le città della Sicilia, della Campania, della Calabria, del Lazio e della Toscana, più facilmente raggiungibili dalle basi algerine; con la conquista del Nord Africa, a fine 1942, la linea del fronte si avvicinò spaventosamente alla Sicilia e alla Calabria. Dal gennaio 1943 furono a disposizione degli alleati le basi libiche e, dal maggio 1943, anche quelle tunisine, con un forte incremento degli attacchi in previsione dello sbarco in Sicilia.

Cosenza distrutta dai raid aerei
Cosenza distrutta dai raid aerei


Noi vogliamo raccontare brevemente cio’ che è successo in Calabria dal luglio al settembre 1943 per ricordare le tante vite di iinnocenti spezzate e stroncate. Dei nostri morti civili se ne parla poco, pochi li ricordano, sono stati trattati spesso con fastidio. Si sa la storia viene scritta dai vincitori e gli sconfitti preferiscono dimenticare e cancellare i ricordi. L’Italia riscattò il proprio orgoglio con la guerra di liberazione, il 25 aprile è la data che noi ricordiamo la liberazione d’Italia e i partigiani che ne persero la vita.
Io credo che nell’elenco dei martiri per la libertà vanno aggiunti anche tutti quei civili che persero la vita durante la guerra. Al fianco dei civili massacrati atrocemente dai nazifascisti vanno ricordati anche i civili morti sotto i bombardamenti degli alleati. La Calabria ha avuto migliaia di morti inermi, e i più colpiti sono state donne, bambini e anziani. Non sono morti da nascondere, né caduti di serie B, sono caduti di una guerra folle voluta certamente da Hitler ma anche da Mussolini e dal fascismo. Il minotauro, descritto da Giuseppe Occhiato nel suo romanzo epico “Oga Magoga” che “… stando a Roma, infestava tutto il paese e affamava la gente… il più micidiale era il primo che stava nella capitale a insozzare la nazione tutta”. Quel tragicante che ci portò in guerra “che prima ci chiamò e ci impapocchiò e alla fine ci infasciò e ci lasciò tutti con questa grande improsatura…”.

Una guerra folle, come tutte le guerre. perché, ricordiamocelo tutti, abbiamo riguadagnato la libertà alla fine di un’immane tragedia. “Se c’era una sgomentosa atrocità senza senso, era proprio quella somma ingiustizia chiamata guerra, figurante massima di madama Mortazza, che poi equivaleva a quella scasciosa mancanza di senso che assume sempre la morte di un gairello che ancora deve assaggiare la vita, che ancora deve conoscere il mondo, costretto a congedarsi da questa terra luminosa senza che abbia potuto lasciare una sola stampa del proprio passaggio, passaggio perduto, passaggio non pervenuto, passaggio non avvertito, leggero, insignificante, senza alcuna importanza”. Anche loro sono morti per ridare la libertà all’Italia.

Sbarco in Sicilia

Andiamo ai fatti storici. Gli alleati angloamericani il 10 luglio 1943 lanciano l’operazione Husky per la conquista della Sicilia. Scrive lo storico Filippo Bartuli in “Le incursioni aeree anglo americane del 1943 su 60 città e località calabresi”: Il 9 luglio 1943 la V Armata degli Stati Uniti e l’VIII Armata britannica ( un totale di 250 mila uomini) lasciano i porti dell’Algeria dirette sulle coste meridionali della Sicilia, scortate da 3.250 navi e da 4.000 aerei, era l’assalto alla fortezza europa
La Marina italiana rinunciò all’impiego della flotta per difendere l’isola ma ci fu la difesa accanita dei tedeschi che durò circa 50 giorni. Scrive sempre Bartuli: “La disperata resistenza delle truppe dell’asse in Sicilia durò circa 50 giorni di furiosi combattimenti sotto le bombe di migliaia di cannoni e di aerei degli anglo- americani. Gli alleati ebbero 20 mila morti… l’Italia ebbe 9 mila morti e 11 mila tra dispersi e feriti oltre 100 mila prigionieri. La Germania 37 mila morti e qualche migliaio di prigionieri”. Nelle memorie di Winston Churchill si legge: ” intensi attacchi aerei sulla Sicilia ebbero inizio il 3 luglio col bombardamento degli aeroporti resi inservibili. I caccia nemici furono costretti alla difensiva ed i bombardieri a ritirarsi sul continente”. Alcuni di questi aerei tedeschi e italiani furono portati negli aeroporti di Vibo Valentia e Crotone e causarono i bombardamenti massici che ne portarono alla distruzione. D’altronde la tattica dei bombardamenti e della distruzione dei nodi strategici come stazioni, porti, aeroporti, era una scelta che aveva già portato a tanti lutti in Calabria. Facciamo un passo indietro.


Bombardamenti a Catanzaro, Cosenza e Crotone. Tutta la Calabria sotto attacco

In previsione dell’ operazione Husky che sarebbe avvenuta il 10 luglio, nei mesi precedenti l’aviazione britannica aveva compiuto diverse missioni di bombardamento sul territorio calabrese contro infrastrutture strategiche. Al centro degli attacchi in particolare vi furono le città più importanti, a partire da Reggio Calabria per il suo ruolo strategico, ma anche Catanzaro, Crotone e Vibo con il suo porto. Già alla fine del 1940 ci furono i primi bombardamenti su Crotone; nel 1941 Reggio, Catanzaro e Crotone vengono spezzonate nell’agosto; bombe su Crotone e Reggio in settembre; nel mese di novembre vengono bombardate Crotone, Cosenza, Soverato, Villa San Giovanni.


I bombardieri inglesi partivano da Malta e spesso attaccavano facilmente i centri sulla costa ionica . Il 7 e 8 luglio 1942 si ebbe un nuovo attacco su Reggio e in ottobre su Catanzaro e Villa San Giovanni. Nel gennaio 1943 altri attacchi al traffico ferroviario, specialmente a Cosenza e Roccella. In febbraio bombardate Amantea, Catanzaro, Crotone, Cittanova, Gioia Tauro, Nicastro, con oltre un centinaio di morti. A marzo i bombardieri si accaniscono su nodi ferroviari, industrie, depositi, case coloniche, asili, conventi e persino mulattiere a Catanzaro, Crotone, Amantea e ancora vittime.
Il 3 e 4 Giugno 1943 alcuni bombardieri Wellington della Raf attaccano la città di Catanzaro provocando danni e feriti. Il peggio per i cittadini di Catanzaro doveva ancora venire, ad agosto 43 subirà diversi bombardamenti portando distruzioni e centinaia di morti. Crotone, il 13 febbraio 43, viene bombardata, vengono sganciate 90 bombe da 500 libbre che provocano distruzione e crolli. Muoiono tre persone e 20 sono i feriti. Il 20 febbraio vengono sganciate altre 120 bombe sull’aeroporto, la stazione ferroviaria e gli stabilimenti industriali Montecatini e Pertusola con due morti e dieci feriti. Il 5,6,7 giugno nuovo attacco aereo con la missione di bombardare l’aeroporto. I bombardieri dall’altezza tra seimila e diecimila piedi sganciarono 75 bombe da 250 libbre e spararono 65000 colpi di mitragliatrice.

Reggio Calabria dichiarata Città Martire

Il 6 maggio ’43 fu sottoposta ad un bombardamento importante , 50 bombardieri b-24 colpirono l’area aeroportuale di ravagnese. Vengono colpite strutture ed edifici civili. I danni sono incalcolabili nei rioni Carmine, Tremolini e Santa Caterina. Nel porto vengono colpiti due trasporti di medio tonnellaggio con numerosi morti tra gli equipaggi e le maestranze navali. A fine giornata si contano oltre 150 morti tra i civili e i militari italiani e tedeschi. Già nei primi mesi dell’anno vi erano stati incursioni aeree e bombardamenti sul porto e l’aeroporto con alucuni morti. Tutto il mese di maggio e giugno è segnato da incursioni aeree provocando distruzioni, incendi e morti tra i civili. Il 21 maggio viene colpito il brefotrofio con circa 50 morti tra neonati, donne e suore. Il 24 maggio viene colpito il centro città con danni parziali anche al Duomo e alll’arcivescovado, il teatro e molte abitazioni civili. Il 19 giugno aerei della Raf colpiscono il porto e i traghetti nello stretto. Il 21 giugno colpiscono il porto, l’area circostante e i nodi stradali e ferroviari. Il 29 giugno arerei Wellington sganciano spezzoni incendiari su Reggio Calabria, Villa San Giovanni e Scilla. A Villa San Giovanni, in giugno, in diverse azioni vengono attaccati e bombardati l’area del porto, lo scalo dei traghetti e il nodo ferroviario. A Melito Porto Salvo il 31 gennaio un aereo della Raf sgancia otto bombe che provoca la morte dell’Arcivescovo di Reggio Calabria Emilio Moltabetti e di altre 8 persone. Gioia Tauro subisce un bombardamento il 20 febbraio che provoca diversi morti e feriti. Lo stesso a Locri il 10 giugno dove un aereo inglese sgancia 4 bombe. Già a fine ottobre del 1941 alcuni aerei inglesi avevano lanciato bombe e sparato raffiche di mitra provocando 4 morti e 11 feriti.

Bombardamenti e morti a Vibo Marina

Vibo Marina è il suo porto furono oggetto di continui attacchi nel corso del 1943, fino allo sbarco dell’8 settembre. La data tragica è il 12 aprile quando alcuni aerei anglo- americani decollati probabilmente dalla base R. A. F. di Malta, giunsero sull’obiettivo assegnato: il porto e la stazione ferroviaria di Vibo Marina. Lo scopo della missione era quello di interrompere i collegamenti con la Sicilia, verso la quale i comandi militari dell’Asse stavano facendo affluire truppe e materiali. Viene colpito un asilo infantile e muoiono 8 bambini, una ragazzi di 14 anni e la maestra. Possiamo rivivere la tragica vicenda dalla testimonianza di una superstite: ” dalla vicina chiesa, in mezzo al fumo, intravidi la sagoma di un uomo che correva verso di noi. Era il parroco, don Domenico Costa; la tonaca nera era completamente imbiancata dalla polvere. Dalle grida della madre riconobbi il corpo senza vita di una mia amica: Giovanna Lenza, studentessa liceale. Ancora in preda al pianto, mi voltai e intravidi un uomo tenere in braccio quello che sembrava un fagotto insanguinato : era il corpo martoriato di un bambino. L’asilo era stato colpito da una bomba, a terra giacevano altri piccoli corpi dilaniati “.
La Pro Loco di Vibo Marina anche quest’anno ha ricordato le vittime del 12 aprile 1943 davanti alla targa ricordo che si trova sulla facciata della scuola elementare “Presterà”, inserita tra “le pietre della memoria” .
Da ricordare anche la vicenda della maestra Angelina, che quel giorno aveva portato a spasso la sua scolaresca, si salvò con i suoi alunni. Dopo avere aiutato sua madre, che era rimasta quasi sepolta dalle macerie del bombardamento, si dedicò completamente agli altri. Per paura di una seconda ondata di bombardamenti organizzò a Vibo Marina una sorta di “esodo” popolare, convinse i suoi ragazzi e le loro famiglie a lasciare le proprie case per trasferirsi tutti nella zona di Bivona, lontani dal porto e della ferrovia, veri obiettivi degli aerei nemici. Questi i nomi delle vittime: Corso Annunziata (7 anni), De Lorenzo Lucia (11 anni), De Lorenzo Rosaria (5 anni), Lenza Giovanna (14), Sacco Teresa (23), Romano Mariantonia (33), Neri Nicolina, Neri Vincenzo, Neri Anna, Neri Franca (fratelli di 10, 7, 3 anni, l’ultima aveva appena sette mesi, morti insieme alla madre (Mariantonia Romano).
Scrive Giuseppe Occhiato nel suo romanzo lo Sdiregno:”È la strage della Marina di Monteleone? Cosa ci poteva essere di più affliggente della morte di una creatura di Dio? Solo una? Fosse stata solo una, che in realtà furono parecchie di più. Il 12 aprile uno stormo di apparecchi americani aveva spazzonato e mitragliato la cittadina l’area del porto, colpendo anche un asilo infantile. Ancora l’eco appennante di quello sconzo gli risuonava a tutti dentro, nell’anima. Otto erano stati i bambini uccisi, fra cui quattro fratellini, morti insieme con la mamma. Ah dolore magno, partenza atroce dell’anima. Triste sorte della viticella loro!” (prima punta)

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