Francesco Martino, un imprenditore sotto assedio ma senza paura

Da vent'anni subisce attentati e intimidazioni ma non ha mai perso la fiducia nello Stato. Una resistenza, come accade spesso, silenziosa

Vent’anni di attentati, intimidazioni, minacce. È la storia di Francesco Martino, imprenditore calabrese di 49 anni, residente ad Arena, nel cuore delle Serre Vibonesi. Padre di quattro figli. La sua ditta opera nel settore dei lavori pubblici. Martino è diventato, suo malgrado, simbolo di una resistenza silenziosa e civile contro la criminalità organizzata che infesta il territorio.

Minacce e intimidazioni

Fin dai primi anni Duemila, l’imprenditore ha subìto ogni genere di pressione. I suoi cantieri sono stati oggetto di incendi, mezzi e attrezzature spesso distrutti, i suoi dipendenti sotto tiro. Nonostante questo, ha sempre trovato la forza di denunciare. Mai un passo indietro. Una scelta coraggiosa in una terra dove spesso chi parla viene isolato, o peggio, lasciato solo.

Le intimidazioni, però, non si sono mai fermate. Sono un filo rosso che sta attraversando la sua carriera imprenditoriale. Un fuoco che cova sotto la cenere, pronto a riaccendersi ogni volta che Francesco Martino ottiene un nuovo appalto o si rifiuta di piegarsi alle logiche del pizzo e della complicità mafiosa.

Un rosario di attentati

A ricostruire il drammatico elenco è stato lui stesso. Tutto è iniziato nel 2008 con l’incendio di un escavatore distrutto dalle fiamme mentre a distanza di poco tempo una bottiglia incendiaria è stata lanciata davanti alla finestra del suo ufficio. Neanche qualche anno e gli emissari del racket sono tornati alla carica: ancora fuoco, ancora un escavatore distrutto su un cantiere ad Arena.

Francesco Martino, aveva provato anche ad aprire un bar nel centro di Dasà, altro piccolo centro delle Preserre Vibonesi, ma il giorno prima dell’inaugurazione il “biglietto di auguri” è arrivato puntuale: cartucce da fucile inesplose davanti alla porta. Era il 2020, invece, quanto i criminali si presentarono in un cantiere di Pizzo dove la ditta era impegnata a realizzare alcuni lavori per conto del Comune. In quel caso prima è stato rubato un furgone e subito dopo lasciata una bottiglia incendiaria.

Proiettili, benzina e croci

Un rosario infinito, con Francesco Martino che è tornato a sedersi sempre davanti al maresciallo dei carabinieri della stazione di Arena per denunciare l’ennesima intimidazione. Identiche modalità a Piscopio, cartucce con benzina accanto ai mezzi. Azioni diverse ma ancora più sprezzanti a Ciminà (in provincia di Reggio Calabria) nel 2023 dove la ditta stava effettuando lavori per conto dell’Ente Parco: i criminali hanno lasciato sul posto una croce di legno. Qualche mese più tardi, sempre in provincia di Reggio Calabria, i mezzi di cantiere sono stati catapultati in un dirupo e una canna di lupara è stata fatta trovata legata ad un palo.

Identici avvertimenti a Rizziconi, sempre in provincia di Reggio Calabria: una busta con proiettili appesa ad un camion, senza dimenticare Stefanaconi dove in pieno giorno gli operai di Francesco Martino hanno rinvenuto undici cartucce sul sedile di un mezzo meccanico. A Vibo Valentia, invece, gli emissari si presentarono a volto scoperto nei pressi di una scuola, dove la ditta stava effettuando lavori, per invitarlo a “mettersi a posto”. Qualche giorno fa, infine, l’ultimo attento: l’incendio dell’escavatore a Piani di Acquaro.

Fiducia nelle istituzioni

Eppure, nonostante tutto, Martino va avanti. “Io ho fiducia nelle istituzioni”, ripete a chi gli chiede: “Perché continui a denunciare?” Una fiducia spesso messa alla prova dai tempi lunghi della giustizia, dalla sensazione di essere lasciato solo, dalla paura per la sua famiglia. Ma una fiducia che non ha mai abbandonato del tutto. Più volte ha dovuto ricominciare da capo, ricostruire, assumere nuovi operai: oggi dà lavoro a 25 padri di famiglia. Le sue denunce hanno portato a indagini, a qualche arresto, ma il clima di intimidazione non è mai cessato del tutto.

Francesco Martino non è un eroe, dice di sé. È solo un uomo che vuole lavorare onestamente. Ma in una terra difficile come quella vibonese, questo semplice desiderio può trasformarsi in una sfida quotidiana. Ogni appalto vinto è una conquista. Ogni giorno di lavoro senza incidenti, una piccola vittoria.

Resistenza silenziosa

Oggi Francesco Martino continua la sua attività, tra mille difficoltà. I suoi figli crescono con la consapevolezza di vivere in un territorio bello ma ferito. Lui cerca di trasmettere loro non solo il coraggio, ma anche il senso della legalità, il valore del lavoro, la dignità di chi non cede. La sua è una storia come tante, purtroppo. Ma è anche una storia che vale la pena raccontare. Perché è fatta di resistenza, di determinazione, di fede nella possibilità di un futuro diverso. Un futuro in cui chi lavora onestamente non debba più vivere sotto assedio.

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