Giornata della Memoria, la storia di Francesco Cascasi tra coraggio e dovere civico

La presentazione è avvenuta alla Sala del Senato della Repubblica di Santa Maria in Aquiro

Non solo una storia narrata ma una vera testimonianza, quella dell’imprenditore calabrese Francesco Cascasi, affidata alla penna del sacerdote Ennio Stamile. Vincitore della selezione Pemio IusArteLibri Il Ponte della Legalità 2025, ideato e presieduto dall’avvoca Antonella Sotira Frangipane, il libro “Nonostante Tutto: Franco Cascasi storia di un imprenditore visionario”, è stato presentato nella giornata alla memoria di Giovanni Falcone alla Sala del Senato della Repubblica di Santa Maria in Aquiro.

Il prezzo della libertà

Le Libertà sono feroci, sia quando qualcuno le sopprime sia quando occorre lottare per farle riconoscere, ricorda l’avv. Sotira, nell’indicare le ragioni della selezione dell’opera e la necessità di votarla e promuoverla in tutto il territorio nazionale. Il libro che ha già ottenuto il prestigioso riconoscimento del “Giglio della Legalità” dal Comune di Firenze, si innesta nella tematica scelta per l’edizione 2025 del premio dedicata alle battaglie civili, perché la mafia strangola le Libertà di tutti i cittadini.

A tenere a battesimo il libro si sono alternati il manager Francesco Greco, carissimo amico di Cascasi, l’avvocata Emanuela Mirabelli, cugina dello scrittore Stamile, la poliedrica artista e giornalista Giò di Sarno, che ha letto alcuni brani del libro ed magistrato Cosimo Maria Ferri, ex Sottosegretario alla Giustizia, attuale Vice Presidente del Consiglio di Presidenza della Magistratura Tributario, membro del Direttivo scientifico del Premio IusArteLibri e Consigliere della Fondazione Bancarella.

La coraggio della denuncia

Un libro di denuncia civile che come un prisma scompone l’immagine e dunque la comune percezione del fenomeno mafioso. Oltre ai soprusi delle mafie, la vittima deve affrontare l’ostracismo civico, ossia l’abbandono e l’esclusione della comunità a cui appartiene e delle stesse istituzioni.
Francesco Cascasi, ancora una volta, in questo incontro che segue alle molte presentazioni fatte in tutta Italia, testimonia lo sconforto dovuto alla solitudine in cui le istituzioni e persino gli amici lo hanno relegato dopo la sua coraggiosa scelta di denunciare il capo del clan mafioso che lo vessava. Nel processo contro il clan nessuna istituzione si è costituita parte civile a sostegno della sua personale battaglia o per il dovere civico e politico di richiedere il risarcimento dei danni subiti dalla collettività a causa delle attività mafiose onde dimostrare un impegno concreto contro la criminalità organizzata.

Umili radici condadine

In questa solitudine l’incontro di Cascasi con Don Ennio Stamile, è stato davvero provvidenziale e si è aggiunto al solo sostegno avuto dai familiari e dell’unico caro amico membro delle Forze dell’Ordine. Ma il libro non è solo un grido di denuncia, completo anche di pregnanti passaggi processuali, come la trascrizione completa dell’escussione dibattimentale di Cascasi, che evidenzia la sua ulteriore vittimizzazione nel e per il processo, è anche una biografia ispirativa.

Stamile dona ai lettori un prezioso affresco sulle umili radici contadine di Cascasi, sui valori della famiglia, sulla tenacia analoga a quella dell’albero del fico, che spingono Cascasi a seguire le sue intuizioni e a realizzare le imprese visionarie con l’impegno costante e sacrificale di chi non sottraendosi alla fatica riconosce il valore dei suoi dipendenti e il dovere di lottare anche per loro.
Stamile, con una prosa priva di retorica che tradisce il suo bcakgraound culturale e la sua passione letteraria, conduce il lettore alla scoperta di una Calabria altra e alta.

Appuntamento in Campidoglio

L’esergo iniziale con una citazione di Gioacchino Criaco, anticipa la “narrazione diversa” che travalicando i confini del pregiudizio di mafiosizzazione, apre alla speranza del “tutto è possibile, nonostante tutto”.
Le battute conclusive sono state affidate all’avv. Sotira che nel ricordare le modalità di voto dei romanzi in concorso, ha rinnovato l’invito ai concorrenti del Premio per la semifinale in Calabria a Roccella Jonica e la proclamazione a luglio a Pontremoli con l’alto patrocinio della Provincia di Massa e Carrara, del Comune di Pontremoli, del Centro Lunigianese di Studi Giuridici e della Fondazione Premio Bancarella. Mentre per il libro di Don Ennio Stamile, sezione Virtus Animi 2025, l’appuntamento è in Campidoglio per il 30 giugno per la consegna di due speciali premi Vis Iuridica all’autore ed al protagonista del libro.

La mafia antica

Altri momenti di grande riflessione sui temi della legalità sono stati offerti da “L’inferno non prevarrà’’- (Rubettino Editore), secondo romanzo del magistrato leccese Andrea Apollonio, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Patti. Un lavoro fortemente influenzato dallo stile e dai temi di Leonardo Sciascia, tanto da aver chiamato il figlio Leonardo, Apollonio ci parla di una mafia antica ma ancora attuale che uccide bestie, incendia boschi e pascoli, deturpa il territorio dei Nebrodi, confina ed isola chi si ribella. Con numerosi richiami ai magistrati uccisi dalla mafia che paiono veri e propri compagni di viaggio del protagonista, il P.M. Salvatori, che, come buona parte dei personaggi sciasciani, ricerca una verità spesso irraggiungibile, il romanzo offre al lettore spunti di riflessione sul mestiere del magistrato.

Il racconto di Giuseppe Vitale

Per chiudere “Il complicato caso di don Onofrio Caccamo e del giudice Mendolìa “(Gangemi editore) del magistrato Giuseppe Vitale, è ambientato in Calabria. Un libro che sin dalle prime pagine il lettore avverte l’autorevolezza dell’autore che, per i lunghi anni di magistratura in quelle zone, di “ammazatine” e processi per associazione a delinquere ne ha visti. Il resoconto in presa diretta di un complesso e difficile processo di Corte d’Assise, dove le iniziali “apparenze” si tramutano, grado a grado, in tutt’altre sconvolgenti e intricate “verità”, ha come originale contraltare una complicata partita a scacchi tra due improbabili giocatori: il presidente della Corte, Nicola Mendolìa, e il capomafia imputato, don Onofrio Caccamo.

Ricca di idiomi mafiosi e dialettali, la narrazione rende vivi e riconoscibili come autentici i tanti personaggi, anche minori, che affollano il romanzo e che superbamente consapevoli della loro identità ed affiliazione non sono in cerca di autore ma di consenso ad abitare altre pagine. Ad accompagnare gli interventi è stata Giovanna Vitale, giornalista de La Repubblica che ha moderato il dibattito.

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