Giuseppe Lavorato: “Il mio amico Peppe Valarioti ucciso dalla ‘ndrangheta, io ero con lui”

Il racconto di un prestigioso testimone oculare, un omicidio efferato che voleva intimidire i nemici della 'ndrangheta

Quando suo padre Antonio gli parlò per la prima volta di Giuseppe Lavorato, Michele Napolitano – responsabile dell’azienda agricola Junceum, sede della fattoria didattica e sociale vibonese – era in procinto di recarsi in Calabria. “Sarai fortunato se lo conoscerai…”.

Alla fine lo conobbe eccome, e i due si ritrovarono a condividere un’amicizia fruttuosa per il nostro territorio. Qualche tempo fa è stato ospite della fattoria, invitato con una telefonata a sorpresa, in occasione di una visita effettuata da una quarantina di bambine e bambini provenienti da Rosarno, cittadina di cui fu sindaco dal 1994 al 2003. Un’insegnante, avendolo visto, gli è corso incontro chiamandolo “sindaco!”, nonostante fossero passati ben venti anni.

Alla fine lo conobbe eccome, e i due si ritrovarono a condividere un’amicizia fruttuosa per il nostro territorio. Qualche tempo fa è stato ospite della fattoria, invitato con una telefonata a sorpresa, in occasione di una visita effettuata da una quarantina di bambine e bambini provenienti da Rosarno, cittadina di cui fu sindaco dal 1994 al 2003. Un’insegnante, avendolo visto, gli è corso incontro chiamandolo “sindaco!”, nonostante fossero passati ben venti anni.

Michele voleva però riaccoglierlo tra il verde delle foglie e i versi dalle stalle, così ne ha proposto il nome all’operatrice culturale Maria Teresa Marzano, direttrice artistica della terza edizione de ‘La fattoria delle idee’, rassegna di eventi serali che si stanno svolgendo ogni giovedì di luglio.

L’11 è stata proprio la volta di Giuseppe, introdotto da Michele con una amara riflessione sull’impellente necessità di custodire la memoria: il popolo calabrese ne è privo, non è abituato a spolverare i ricordi e si mostra indifferente al presente che si dispiega di fronte a esso. Solo la memoria, interrogando il passato, sa generare conoscenza.

Giuseppe è di quelle persone che corrono come treni per raggiungere un obiettivo, nel suo caso di giustizia sociale e pubblica denuncia; ma in pochi sono disposti a farsene travolgere.

A moderare l’incontro, il giornalista esperto di criminalità organizzata Pietro Comito. A cavallo del nuovo millennio, a Vibo Valentia si era tenuta una manifestazione politica in favore della biblioteca comunale: fu lì che Pietro rimase sbalordito nel percepire la potenza travolgente che scaturiva dal forte discorso di Giuseppe al popolo, quasi un comizio come più non se ne vedevano.

La stessa passione che abbiamo potuto apprezzare nella presentazione del suo libro appena pubblicato, ‘Peppe Valarioti. Il primo assassinio politico compiuto dalla ‘ndrangheta’.

Fu verso la fine degli anni Cinquanta che Giuseppe si avvicinò al mondo comunista, insieme con altri amici desiderosi di migliorare le condizioni della povera gente. In quel periodo il partito stava intelligentemente costruendo le condizioni utili per la formazione di una giovane classe dirigente, con le competenze imprescindibili per la sostituzione di quella precedente. Vividissime erano ancora le immagini del Bosco selvaggio occupato, mille ettari di terre presidiati dalla popolazione rosarnese.

E Peppe Valarioti, che si stava affacciando timido ma deciso alle lotte comuniste, aveva espresso l’intenzione di ricostruire storicamente quella vicenda per legarla alle numerose simili battaglie ingaggiate dalle famiglie italiane contro la povertà estrema: le grandi occupazioni avevano tenuto in scacco Roma. Diventò amico fraterno di Giuseppe, leader indiscusso delle proteste che spesso puntavano coraggiosamente il dito contro i signorotti locali della ‘ndrangheta, proteste che vedevano in testa donne e giovani.

E dopo la vittoria alle elezioni amministrative, Peppe – ora segretario di sezione nel partito – fu barbaramente assassinato mentre usciva con i compagni dal ristorante in cui avevano appena festeggiato il risultato. Una cena di festa, approssimata all’ultimo secondo, tragicamente trasformata in evento di lutto. Una morte ingiusta nell’ingiustizia sociale.

Una storia che meritava di non essere oscurata. Ieri, come oggi, i media davano peso unicamente alla Calabria della collusione e degli scandali. Tacendo la bellezza di ideali disposti al sacrificio.

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