Spesso i pazienti soffrono anche per le trappole burocratiche che la sanità genera in modo del tutto paradossale, moltiplicando il peso stesso della malattia. Criticità riconducibili al sistema sanitario pubblico, un paziente cagionevole in un contesto ambientale poco favorevole alla guarigione, per gli effetti della lunga stagione di tagli e per i mancati investimenti.
Ma la sanità che cura esiste e va difesa soprattutto in Calabria e sta tutta nelle storie di uomini e donne sopravvissuti al cancro, in cura a Cosenza, San Giovanni in Fiore, a Catanzaro, a Locri e Reggio Calabria – solo per citare le strutture dove il Corriere della Calabria ha raccolto le “istantanee” di pazienti – che descrivono il loro rapporto con l’ambiente ospedaliero e le cure. Ed in considerazione del fatto che la narrazione è incentrata sulle esperienze personali, manterremo un distacco obiettivo nonostante la ferma convinzione che sulla sanità le forze politiche dovrebbero deporre le armi e cercare soluzioni bipartisan perché è lecito scontrarsi su tutto ma non sulla gestione della sanità: la salute dei calabresi è una cosa seria.
Le storie ci accompagneranno durante il dibattito “Curarsi è prendersi cura” fissato per il 06 giugno, a partire dalle 11, nel Palazzo della Cultura, a Pizzo. Un incontro dedicato all’umanizzazione, il nuovo paradigma che vede al centro dei percorsi di cura la persona malata, un aspetto cruciale ma spesso trascurato nel dibattito sulla sanità pubblica.