Dalle prime luci dell’alba, a Reggio Calabria, Milano, Monza e Brianza, Pavia, Nuoro, Bologna, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia, Roma, Rimini, Verona, Agrigento e Torino, i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, supportati in fase esecutiva dai militari dei Comandi provinciali competenti per territorio, dal Ros, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria e Sicilia, dal 14° Battaglione “Calabria”, dal Nucleo Cinofili e 8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia e inoltre con il supporto dell’Unità ICAN (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta) dello S.C.I.P. per gli aspetti di cooperazione internazionale di Polizia, stanno eseguendo una vasta operazione coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, diretta da Giuseppe Lombardo.
Interessate alcune tra le più importanti cosche di ‘ndrangheta, i cui sodali sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno all’associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico, anche internazionale, di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, scambio elettorale politico mafioso e detenzione e porto di armi.
Sigilli a due società
I procedimenti penali, che si trovano in fase di indagini preliminari e fatte salve quindi le diverse valutazioni nelle fasi successive, hanno previsto: l’esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Dda, nei confronti di 97 indagati (di cui 81 in carcere e 16 agli arresti domiciliari); il sequestro preventivo di due società – attive nella ristorazione e nell’edilizia – ritenute riconducibili agli indagati e utilizzate per favorire le attività illecite dell’associazione.
I provvedimenti odierni costituiscono l’epilogo di una vasta attività d’indagine svolte dai Nuclei Investigativi del Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria e del Gruppo di Locri, nonché dalla Sezione Operativa della Compagnia carabinieri di Locri, sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, sin dal 2018, e raggruppano 5 procedimenti penali che riguardano le maggiori consorterie di ndrangheta operanti nei tre mandamenti della provincia reggina (centro, jonico e tirrenico).
“La provincia” e i “locali”
Le indagini hanno permesso di appurare la permanente caratteristica di unitarietà della ‘ndrangheta, di cui l’odierno provvedimento cautelare ridisegna e riaggiorna la struttura e i vertici, oltre a confermare l’attualità dell’esistenza della struttura di ndrangheta denominata “provincia”, ovvero un organo collegiale che svolge una funzione di raccordo tra i “locali” reggini e quelle dislocate in altre regioni d’Italia e all’estero e cheregola ogni nuova costituzione di strutture di ‘ndrangheta, ingerendosi anche nelle assegnazioni delle nuove cariche, garantendo il rispetto delle regole dell’associazione e dirimendo controversie tra gli associati.
Le indagini hanno inoltre permesso di registrare l’operatività dei“locali” reggini di Sinopoli, Platì, Locri, Melicucco e Natile di Careri , nonché di quelli di Volpiano (TO) e Buccinasco (MI).
La gestione del traffico di stupefacenti
Ma l’assoluta novità investigativa la si può rintracciare nell’ambito del traffico di stupefacenti, la cui gestione è affidata dalle cosche, in regime di monopolio, a una struttura stabile e organizzata frutto di un’alleanza (“un unico corpo”) tra i locali dei tre “mandamenti” della provincia, sovraordinata alle singole articolazioni e a queste complementare. Questa struttura si occupa, tra l’altro, di importare dall’estero (specialmente Colombia, Brasile e Panama) ingenti quantitativi di cocaina occultata in container imbarcati su navi, e alla successiva esfiltrazione attraverso il porto di Gioia Tauro, sfruttando la compiacenza di squadre di operatori portuali per poi distribuirla in tutto il territorio nazionale, attraverso una ben rodata struttura organizzata e diretta dalle cosche. In questo ambito l’attività in passato aveva già condotto al sequestro di ingenti quantità di sostanza stupefacente.
Le cosche e l’attività estorsiva
Ancora le indagini hanno confermato il dinamismo della cosca Alvaro, dotatasi di una cassa comune attraverso la quale far fronte alle spese legali degli associati e al sostentamento delle famiglie dei detenuti e della cosca Barbaro-Castani, di cui è stato ricostruito l’intero organigramma, la quale è attiva nella zona di Platì, Ardore e territori limitrofi, nonché nei “locali” di Volpiano e Buccinasco. Il vertice della cosca Barbaro Castani, scrupoloso garante delle “regole”, dei “patti” e delle “prescrizioni” sancite in occasioni di importanti summit,rappresenta una figura centrale della ‘ndrangheta unitaria oltreché del “locale” di Platì.
Sono state riscontrate le attività estorsive delle cosche nei confronti di commercianti e imprenditori. In particolare la cosca Alvaro imponeva la cosiddetta “messa a posto” nei confronti delle ditte aggiudicatarie di lavori pubblici e a commercianti intenzionati ad aprire punti vendita nel territorio del “locale” di Sinopoli, invece la cosca Barbaro-Castani imponeva pressanti richieste estorsive in danno di tutti gli imprenditori locali che operavano nel territorio sottoposto a controllo della coscapoiché erano costretti a corrispondere l’importo del 3% del valore dell’appalto.
Le cosche avevano capacità di infiltrazione nelle amministrazioni pubbliche, così da ottenere informazioni propedeutiche allo svolgimento delle attività criminali, come quelle sulle procedure degli appalti sulle ditte aggiudicatrici e sullo stato dei pagamenti utili per infiltrarsi, grazie anche alla compiacenza di imprenditori collusi, in attività economiche collegate, quali, la vendita di mascherine e guanti all’A.S.P. della Provincia di Reggio Calabria;
Lo scambio elettorale politico mafioso
È stata inoltre accertata l’esistenza di un’associazione a delinquere (i cui appartenenti sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari) promossa da uno degli arrestati e finalizzata a favorire l’associazione mafiosa attraverso pratiche illegali di procacciamento di voti in diverse consultazioni elettorali e in particolare per una candidata (poi non eletta) alle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Calabria.
Particolari vicende investigate
Le indagini poi hanno portato anche ad accertare: momenti conflittualità tra cosche in diverse fasi delle indagini. Come quella culminata con un sequestro di persona, organizzato dai vertici del locale di Platì, ai danni di un appartenente alla cosca Alvaro, a causa di un debito di 45.000 euro per un carico di sostanza stupefacente. L’uomo è stato rilasciato solo dopo il pagamento di una prima tranche.
Accertato altresì un particolare episodio estorsivo, messo in atto da uno degli arrestati, ai danni di un altro uomo, anch’egli arrestato, al fine di rientrare in possesso di 125.000 euro consegnatigli, anni addietro, affinché questi potesse corrompere un magistrato non meglio identificato, attraverso i contatti che l’uomo vantava presso la Corte di Cassazione, per favorire l’esito del processo in cui era coinvolto il fratello arrestato nell’operazione “Il Crimine”. Intento che non andò a buon fine e l’uomo fu condannato alla pena di 8 anni.
Emersi poi ulteriori dettagli sul ruolo avuto da un indagato nel sequestro di persona di Mariangela Passiatore, avvenuto a Brancaleone (RC) il 27 agosto 1977. La vittima veniva assassinata poche ore dopo il rapimento e i resti non furono mai ritrovati.