“Non sono un prete di strada nè, tantomeno, sono un prete anticamorra, se così fosse vuol dire che rinuncerei a fare il resto. Io sono solo un prete e voglio continuare ad esserlo”. Lo ha detto forte e chiaro don Maurizio Patriciello nell’Auditorium del liceo classico Michele Morelli di fronte a circa duecento studenti delle scuole superiori, prima di ricevere il Premio L’Operatore d’Oro 2024, che vede come promotori, oltre all’istituto Morelli-Colao, il Liceo Scientifico “G. Berto”, il Liceo Statale “Capialbi”, nonché il polo professionale Ipseoa “E. Gagliardi” – Iis “De Filippis” – “Prestia” con la collaborazione dell’associazione Libera. L’evento è stato moderato dal giornalista e insegnante Tonino Fortuna, mentre a porgere il saluto delle scuole è stato il dirigente del Liceo Morelli-Colao, Raffaele Suppa.
Studenti bacchettati
Studenti bacchettati
L’intervento di don Patriciello è partito dal basso, si direbbe dalle fondamenta,
perché per costruire la “casa della legalità” è proprio dalle fondamenta che bisogna partire. Prima di parlare di ‘ndrangheta, di camorra, di traffici di droga e discariche di veleni, don Patriciello, senza le solite parole di circostanza, ha cominciato a bacchettare quei ragazzi (pochissimi per la verità) arrivati all’Auditorium per seguire l’evento ed hanno preferito rimanere all’esterno della struttura per fumare una sigaretta o tenersi per mano con la fidanzatina, mentre all’interno quel prete “scomodo e rompiscatole” cercava di spiegare loro che chi fuma “ha stretto un patto con il cancro” e chi, invece, diserta un incontro dove ci si confronta sulle insidie della vita rischia “di finire fuori strada, quindi un buon incontro a volte ti salva la vita”.
Patto genitori-insegnanti
Messo questo punto fermo, è stato lo stesso parroco di Parco Verde di Caivano ad esortare insegnanti e genitori a stringere un patto per aiutare i ragazzi a guardarsi dalle insidie del mondo che ci circonda. Violenze di ogni genere, droga, alcol, furti, spaccio, facili guadagni, criminalità, sono le trappole di tutti i giorni cui si va incontro. Ma il parroco non ha mancato neanche di rivolgersi, anche più volte, agli studenti suggerendo loro di avere rispetto e apprezzare i genitori, la famiglia, “perché sono loro a non abbandonarvi mai”.
Compagno di banco diventato boss
E dopo questi concetti “pedagogici” fondamentali, che molto spesso la narrazione mette da parte ritenendoli del tutto inutili, preferendo puntare sui temi mediatici del giorno e su quelle questioni che “spaccano”, per dirla come tutti coloro che parlano il linguaggio dei social e a cui molto spesso ci si sforza di uniformarsi, don Maurizio Patriciello è passato a raccontare il suo percorso, la sua infanzia, la sue amicizie, il suo compagno di banco delle elementari diventato boss della camorra e ucciso a 37 anni. Così come si è soffermato sulle discariche che hanno tolto e continuano, ancora oggi, a togliere la vita a tantissime persone. Ha parlato dei trafficanti di droga, ha messo in evidenza il mondo della corruzione, ha parlato del suo quartiere, della camorra.
Studiare e rivendicare
Ma ha provato, soprattutto, a mettere in guardia i ragazzi, a scuoterli, a spingerli a studiare, a pretendere i loro diritti, a non arrendersi, a rivolgersi alle istituzioni e se necessario a quelle ancora più in alto, fino ad arrivare a Bruxelles. Insomma, il messaggio del parroco di Campo Verde, che passa le sue giornate in auto correndo con la sua scorta da una città a un’altra, è che per conquistare la libertà, vivere nella legalità, nella civiltà, occorre, innanzitutto, avere un’adeguata formazione civica. Perché la lotta alla criminalità, alla corruzione e alla rivendicazione dei propri diritti poggia proprio su questo presupposto. In caso contrario tutto diventa evanescente, futile, fragile.