Passeggiata fotografica per i prati di Kore, il nostro racconto della visita alla mostra

Il 7 luglio, come ogni prima domenica del mese, accesso gratuito anche alla mostra del Castello

Due sale, due sole sale che per mezz’ora avvolgono il pubblico in un viaggio lontano nel tempo, ma non nello spazio. Quando la professionalità non manca, anche luoghi limitati e una manciata di reperti possono divenire strumento di valorizzazione per la nostra cultura.

‘I prati di Kore. Storie di antiche donne “vibonesi”’ è la mostra che attualmente il Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia presenta nei propri ambienti. Nata da un progetto della Regione Calabria, promosso dal Dipartimento Istruzione e Cultura e finalizzato alla “valorizzazione e promozione delle risorse del territorio che pongono in risalto il legame tra cultura, storia, arte, costume, tradizione, natura e sostenibilità ambientale”, è stata proposta dal Polo Innovazione Cassiodoro, centro dei servizi culturali calabresi che si configura quale rete di imprese e organismi di ricerca per la reciproca collaborazione.

‘I prati di Kore. Storie di antiche donne “vibonesi”’ è la mostra che attualmente il Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia presenta nei propri ambienti. Nata da un progetto della Regione Calabria, promosso dal Dipartimento Istruzione e Cultura e finalizzato alla “valorizzazione e promozione delle risorse del territorio che pongono in risalto il legame tra cultura, storia, arte, costume, tradizione, natura e sostenibilità ambientale”, è stata proposta dal Polo Innovazione Cassiodoro, centro dei servizi culturali calabresi che si configura quale rete di imprese e organismi di ricerca per la reciproca collaborazione.

Fino al 28 febbraio 2025 le visitatrici e i visitatori si immergeranno nell’universo femminile dell’Antichità, calato nel caso specifico della colonia greca Hipponion e della colonia romana Vibo Valentia. Nella realtà di tutti i giorni le donne non avevano il diritto di aspirare a ruoli che non venivano loro riconosciuti, eppure le rivendicazioni si facevano tangibili nel mondo immaginifico della mitologia e della religione: nei racconti e nel culto, a essere subalterni erano proprio gli uomini; loro, così capaci nella gestione pragmatica delle cose perché mossi dalla ragione, sapevano di dover lasciare spazio alla femminilità per indagare lo spirito più autentico dell’umanità.

Lo storico Strabone, del I secolo d. C., ambienta il rapimento di Kore nei rigogliosissimi prati di Hipponion, oggi di fatto non più esistenti. Lo zio Ade, dio degli inferi, la trasformerà in Persefone, e la madre Demetra la piangerà amaramente per sei mesi all’anno fino all’eternità. L’inspiegabile tragedia di un genitore che si vede morire anzitempo il proprio figlio. Un plauso va alla scelta espositiva del colore che attornia gli oggetti, un verde il cui rimando non sfugge a chi ha l’occhio attento.

Nelle quattro sezioni – da Kore e le sue compagne alla cosiddetta Messalina, passando per la dea Pàndina e chiudendo con la laminetta aurea – si scoprono opere custodite nei depositi del museo e ciononostante mai messe in mostra sinora, insieme con i recuperi più recenti dagli scavi che la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia ha effettuato.

Si notano, con estremo piacere, tutte quelle attenzioni che sempre dovrebbero accompagnare manifestazioni rivolte all’intera cittadinanza, nessuno escluso: accessibilità ne è la parola d’ordine. Scritte ben visibili, traduzioni in inglese, linguaggio comprensibile, illuminazione saggiamente discreta. Non tralasciando il supporto fornito dagli strumenti elettronici, con schermi touch e riproduzioni animate che non sopraffanno la fruizione dei beni. È stata realizzata inoltre un’applicazione per cellulari a supporto della visita, con approfondimenti multimediali e modelli tridimensionali. E per chi possiede difficoltà visive, lo straordinario busto in basanite – pezzo unico – è stato replicato artigianalmente a grandezza naturale: esperienza tattile per toccare con mano un prezioso capolavoro senza eguali. Le soluzioni adottate, anche negli altri casi, salvaguardano la fruibilità dell’esposizione da parte di qualsiasi persona.

Giovani e adulti trovano giovamento da questa esperienza multisensoriale, non dovendo concentrarsi per ore nell’inerte visione di esorbitanti quantità di materiali indistinguibili. Meglio il poco ma valorizzato con adeguatezza: nessuno sia lasciato indietro nella comprensione del patrimonio.

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